I PREDATORI SONO IN RETE IL PICCO DEL LOCKDOWN
C'è stato un balzo nello scambio online di materiale pedopornografico. E cresce il timore del sommerso: «un numero oscuro». L'anonimato protegge chi guarda, gli audio delle violenze squarciano ogni schermo
«Non dimenticherò mai la prima volta che sono entrata in Polizia postale. Chiesi a un mio collega: tu non hai problemi a guardare le scene di abusi sui minori? Lui rispose: con le sole immagini riesco a farcela, ma ho molta, molta difficoltà a sentire gli audio...»
Era il 2009. Nunzia Ciardi racconta che rimase molto colpita da quella risposta, e capì presto il perché: con l’audio la sofferenza arriva amplificata, percepisci all’istante «tutto il dolore che c’è nelle immagini». Oggi lei è il direttore della Polizia postale. «Ci sono stati poliziotti», dice, «che sono venuti a chiedermi di cambiare settore dopo essere diventati papà. “Non riesco più a fare il bagnetto ai miei figli”, mi ha detto uno di loro. Lo capisco».
Altro scenario, qualche anno fa. Lo racconta il prefetto Vittorio Rizzi, vicecapo della Polizia e direttore centrale dell’Anticrimine. «Dirigevo la Squadra mobile di Roma e ricordo che eravamo i primi a fare audizioni protette con i minori. Proprio per questo una mamma abruzzese scelse di venire da noi con la sua bambina che subiva violenze dal padre. La piccola aveva provato a confidarsi con la mamma ma sulle prime lei credeva fosse fantasia. Così un giorno la bimba nascose il telefonino e filmò l’abuso. Arrivarono con il cellulare in mano, con quel filmato...agghiacciante».
Nell’immaginario collettivo spesso un pedofilo ha le sembianze di uno sconosciuto che rapisce tua figlia mentre la perdi di vista un minuto. Nei fatti i pedofili molto spesso sono in famiglia o nella cerchia delle persone che il minore frequenta abitualmente e, in generale, la pedofilia naviga quasi sempre nel mare del Web. Limitarsi a guardare le immagini, essere davanti a uno schermo e non a una persona fisica alimenta l’illusione dell’anonimato, riduce i problemi etici ed emotivi rispetto alla vittima. Eppure la vittima è lì, da qualche parte. E gli orchi che rubano i sogni dei bambini sono magari fuori campo, non davanti all’obiettivo. Ma sono lì anche loro, in carne e ossa, di fronte al bambino o all’adolescente costretto a stare su un palcoscenico sul quale non avrebbe mai voluto salire.