Per sempre è un altro modo di dire adesso
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Caro Massimo, ho vent’anni e non ho mai avuto una relazione seria, cosa che in passato mi ha fatto un po’ soffrire. Non perché non riuscissi a tenermi stretto qualcuno o perché non riuscissi a soffocare la mia voglia di divertirmi, anzi, a confronto con le mie coetanee mi sono anche divertita poco. Semplicemente perché mi sono sempre sentita diversa dal prossimo e, nonostante io sia una persona estroversa, non ho mai conosciuto qualcuno che, secondo me, potesse darmi quel qualcosa in più. Non mi interessavano le storie frivole di una sera delle mie coetanee, sebbene ci sia cascata più volte sotto l’effetto di alcolici. Nella mia prima adolescenza ho convissuto con l’idea che fossi sbagliata poi, un giorno, mi sono accorta di non essere sbagliata, ma che forse ero solo incompresa o sottovalutata. Dalla mia esperienza con il genere maschile mi sono poi convinta che, nella vita, mi sarei dovuta accontentare di una persona che sopportassi abbastanza o che odiassi meno degli altri. Tutto questo prima di incontrare la persona con cui sono impegnata da qualche mese. veramente ammirevole: buona, intelligente, aperta, che sa ascoltare e che ha pazienza di districare il rovo di pensieri che spesso mi ritrovo nella mente. Mi alzo la mattina pensando a lei e con lo stesso pensiero mi addormento la sera, mi fa sentire viva. Per la prima volta nella vita credo nell’amore e credo nel “per sempre” e non ho paura di guardare verso il futuro se so che saremo insieme. Eppure, c’è qualcosa che non va. Non so
Èspiegarlo bene ma è come se, sapendo che è la persona giusta per me e che probabilmente la sua presenza mi accompagnerà per tanto tempo, stessi rimpiangendo quella passione e quella frivolezza delle storie di una sera o di un’estate che, prima di essermi impegnata, ho tanto condannato. Fra noi c’è molta passione, eppure convivo ogni giorno con il presentimento di aver intrapreso una “relazione per la vita” troppo presto, precludendomi le esperienze spensierate che caratterizzano la mia età. Questo non significa che io voglia interromperla, anzi, spero di continuarla, ma una parte di me avrebbe preferito che fosse successo più in là. Non riesco a trovare un filo logico tra il mio desiderio passato di trovare una persona giusta e la mia perplessità di adesso, quando ho tutto ciò che non avrei mai immaginato di trovare. Vorrei sapere cosa ne pensi.
Saffo
SAFFO ISPIRATISSIMA, scrivi molto bene, lasciatelo dire. Talmente bene da aver saputo mantenere un certo mistero. Ti firmi come la poetessa degli amori omosessuali e nel corso della lettera non chiarisci mai se la persona che ti ha cambiato la vita sia un lui o una lei. Non è affatto un problema, per me. L’importante è che non lo sia per te. Intendo dire che non vorrei che dietro i tuoi dubbi, le tue incertezze e le perplessità di cui tra un attimo parleremo, si nascondesse il timore di non riuscire a reggere fino in fondo gli effetti di un genere di relazione che purtroppo non è ancora accolta serenamente
«CON LEI C’È TANTA PASSIONE, EPPURE CONVIVO CON IL PRESENTIMENTO DI AVER INTRAPRESO UNA ˝RELAZIONE PER LA VITA˝ TROPPO PRESTO»
da tutti coloro che ti circondano, specie da chi si ritiene in diritto di giudicare l’amore degli altri forse perché non è più capace di provarlo in proprio.
Esaurita la premessa, che però mi sembrava necessaria, entriamo nel vivo e affrontiamo un tema che investe qualsiasi tipo di rapporto, in quanto affonda le sue radici nella contraddittorietà stessa della condizione umana. Noi vogliamo sempre ciò che non abbiamo. La sicurezza, quando soffriamo, e l’avventura, quando ci annoiamo. Ricordi l’Ulisse dantesco? Vent’anni a struggersi per la sua Itaca e quando ci torna non vede l’ora di ripartire. Persino la nostra canzone preferita, ascoltata cento volte di fila, finisce per venirci a nausea. Figuriamoci una situazione, o una persona.
A presidiare questo centro di instabilità perenne è la nostra mente, proiettata nel passato per rimpiangerlo e nel futuro per temerlo, e che finisce per paragonare entrambi a un presente che mai la soddisfa appieno. Come se la vita vera fosse sempre altrove. In uno dei miei romanzi preferiti, scritto da Jay McInerney e tradotto in modo altrettanto mirabile da Marisa Caramella, c’è un personaggio, Tad Allagash, la cui missione nella vita consiste nel «divertirsi più di chiunque altro a New York City, e questo prevede un sacco di spostamenti, dato che esiste sempre la possibilità che il posto in cui non ti trovi sia molto più movimentato di quello in cui ti trovi».
Tu, io, tutti siamo un po’ così. Se viviamo un’avventura, sogniamo il grande amore. Se troviamo il grande amore, abbiamo paura di perderlo o comunque di perdere la possibilità di vivere un’altra esperienza che, per il fatto stesso di non conoscerla, ci sembra attraente, addirittura indispensabile. Pensiamo che esista un tempo per tutte le cose, e che se la storia della vita arrivasse troppo presto, potrebbe finire, oppure lasciarci addosso un senso di incompiutezza che ci tormenterebbe in seguito, ponendo le condizioni per gli sconvolgimenti sentimentali dell’età adulta.
Non è questa la sede per affrontare le ragioni profonde di questa contraddizione. Accontentati di prendere atto che fa parte di te. E sforzati di stare dentro il tempo e lo spazio che ti sono dati, perché tutto il resto, credimi, è un inganno della mente. Tu stai con la persona con cui è giusto che tu stia. Il resto non solo non conta. Non esiste proprio. Vivi qui e ora. In fondo, “per sempre” è solo un altro modo per dire “adesso”.
TUTTI SIAMO UN PO’ COSÌ: SE VIVIAMO UN’AVVENTURA, SOGNIAMO IL GRANDE AMORE. SE TROVIAMO L’AMORE, TEMIAMO DI PERDERCI ALTRO