Conte, ecco il sequel Jannacci come Beckett (e un po’ pure Proust)
SU PRESSANTE, MA GENTILE richiesta del pubblico, ho riguardato gli appunti ed ecco un sequel (con un intermezzo) dell’intervista a Paolo Conte (7, #33). A un certo punto, stiamo parlando di cinema, chiedo al Maestro: «Le piacciono di più i western all’italiana o quelli all’americana?». Risposta: «Ombre rosse eIl massacro di Fort Apache di John Ford mi hanno incantato. Ma quelli di Sergio Leone contengono una generosità impagabile».
IL DISCORSO VA SU ENZO JANNACCI (straordinario interprete di Bartali edi Messico e nuvole), che, secondo Conte, è «il più grande cantautore che l’Italia abbia espresso». Rilancio: El portava i scarp del tennis è Aspettando Godot di Beckett in forma di canzone. Il Maestro replica: «D’accordo, ma ascolti anche El me indiriss».
FINITA L’INTERVISTA, FACCIO I COMPITI ascolto El me indiriss. Ne ho una vaga memoria. Resto folgorato.
È la storia di uno che chiede un certificato all’anagrafe e si imbatte nell’indirizzo della casa «dûe sun nassü». La vecchia casa dove «per pissà ,/ tripli servissi, sì, ma in mès al prà!». Gli viene in mente la banda dei suoi amici d’un tempo (perduto). Erano in sei e «vulévum trà per aria tüt el mund,
/ fasévum la culèta a la matina / per quater Alfa e dü Espurtasiùn».
Dal Godot di Beckett siamo passati
a casa e a dei Tom Sawyer da Naviglio, a un Proust pasolinizzato (o simonettizzato, nel senso del grande Umberto Simonetta).
TROVO MOLTO TEATRALE Pesce veloce del Baltico ,la canzone dei commessi viaggiatori chiusi in albergo in un giorno di pioggia a guardare sconsolati un telefono «impassibile» (potrebbe essere una scena del film Americani, tratto dal dramma di Mamet, con Al Pacino e Jack Lemmon agenti immobiliari). Domanda: «Ma chi ci sarà all’altro capo del telefono “impassibile”? Un cliente? Una donna? Sono affari di soldi o di cuore?». Risposta: «Magari semplicemente la famiglia a casa».
In merito a questa risposta, un critico letterario (vero, non presunto) chioserebbe che Paolo Conte è maestro anche in anticlimax (per la sua conclamata e acclamata maestria nel climax vedi Max o Diavolo Rosso).
INTERMEZZO. È DIVERTENTE (e istruttivo) parlare di canzoni con Paolo Conte (sue e altrui) come se fossero rebus da decrittare, gialli da risolvere. Gli espongo il caso Sapore di sale di Gino Paoli. Per me il protagonista della canzone non sa nuotare. Versi rivelatori: «Ti butti nell’acqua / e mi lasci a guardarti / e rimango da solo / nella sabbia e nel sole». Perché lui non fa il bagno con lei (per la cronaca, e per la storia, Lei era Stefania Sandrelli, e sapeva di mare)? A me pare chiaro, perché non è un campione di acquaticità. Il Maestro mi ascolta senza un commento. Però a me resta la sensazione che l’ipotesi lo abbia colpito.
CONTE RITIENE che la sua canzone più religiosa è Un’altra vita (pensavo a Eden, erroneamente). Dopo la magistrale ouverture di pianoforte, dice: «Un’altra vita per noi / oltre il basilico e la sua fragranza / e la sua barbarica baldanza. / Un’altra vita per noi / oltre il dialetto che hanno i santi, / arcano come certi amanti».
IL MAESTRO, LA «GENEROSITÀ IMPAGABILE» DEI WESTERN DI SERGIO LEONE E LA RELIGIOSITÀ DI UN’ALTRA VITA