Enogrammi, così parlò il vino
di un territorio. Il vino è la sua terra, la sua storia, il suo clima ma anche gli abitanti, le case, i prodotti che gli nascono attorno. Nel terroir, nell’ambiente di coltivazione, il vitigno esalta le sue proprietà genetiche in modo ottimale e ogni bottiglia racconta una storia affascinante.
Il paradosso del linguaggio del vino è che per descriverlo spesso si adoperano parole astruse, iniziatiche (abboccato, allappante, austero, erbaceo, vinoso…) che spesso sfiorano il ridicolo. Il vino, invece, è segno di un’identità che nasce dal rispetto delle varietà, è linguaggio, è cerimonia: il suo miracolo sta proprio nell’atto del ricordare, del legarsi a una radice.
Un vino va degustato, certo, ma va anche letto. Il vino può essere considerato un prodotto semiotico e linguistico: si tratta di un oggetto ad alta concentrazione simbolica, portatore di valori non solo misurabili in termini economici ma anche analizzabili in termini culturali e identitari. Bisogna imparare a leggere il vino e il primo passo è leggere con attenzione le etichette.
Si chiama enogramma ed è proprio ciò che un vino scrive su di sé, a partire dalla forma e dal colore della bottiglia. L’enogramma è anche il testo sull’etichetta e sulla controetichetta delle bottiglie e svolge alcune funzioni fondamentali: informa, seduce, educa. L’etichetta è come la copertina di un libro, una soglia da attraversare per giungere al cuore del testo.
Les dieux de la bouteille s’en vont. A Londra, il prossimo 12 settembre, la casa d’aste americana Zachy’s, specializzata in vino, batterà la collezione di bottiglie dall’«Enoteca Pinchiorri», ristorante fiorentino tre stelle Michelin.