BOUND ALBERTI
oggi, non c’era quella disconnessione fra le relazioni che abbiamo e quelle che vorremmo avere». All’epoca la religione offriva uno scopo a ogni esistenza, e c’era meno enfasi sull’unicità dell’individuo, sostiene. Nel secolo successivo, invece, «la modernità ha portato incertezza, oltre che libertà: c’era ancora la religione, ma i cambiamenti nella vita sociale, nelle strutture economiche e nella filosofia crearono nuovi modi di guardare al mondo, e al nostro posto in esso», spiega la storica dell’Università di York.
«Le convinzioni religiose erano state messe in dubbio già a partire dal XVI secolo, ma la medicina scientifica eliminò la certezza dell’anima», prosegue Bound Alberti. «L’urbanizzazione sconvolse le comunità tradizionali, creando distanza fisica – e competizione – con gli altri. L’individualismo economico era giustificato dagli ideali darwiniani sulla sopravvivenza di coloro che sono più strutturati. La filosofia esistenziale cercava un significato senza Dio». È in questo contesto, spiega Bound Alberti, che fu inventato il linguaggio della solitudine: «Analizzare questa emozione come prodotto della storia, piuttosto che una risposta biologica automatica, ci può permettere di considerare soluzioni più efficaci alla solitudine dovuta al lockdown». senso, un significato, a seconda della sua posizione nel mondo. È proprio l’assenza di un senso e la rottura delle strutture tradizionali che crea la solitudine. Il mio libro parte principalmente da Regno Unito e Nord America, ma ho ritrovato questo modello in tutta Europa e in gran parte del mondo, dove il cambiamento industriale e le strutture associate con la modernità portano un’alienazione emotiva».
Qual è la differenza fra solitudine strutturale ed esistenziale?
«Considero strutturale la solitudine basata sui sistemi sanitario e dell’assistenza sociale, l’isolamento letterale di una persona dall’altra. Nel Regno Unito, il governo è stato gravemente inadempiente e ha una responsabilità nei confronti delle persone più povere e di quelle più anziane, di quelle vulnerabili e dei senzatetto. Il risultato è che ci sono molte persone che soffrono la solitudine a causa di una impossibilità letterale a connettersi con altri. È una solitudine diversa da quella esistenziale che si trova in natura: puoi avere beni materiali e salute, conoscere molte persone, ma al tempo stesso sentire una disconnessione dagli altri. La solitudine strutturale e quella esistenziale possono coesistere, ma è importante riconoscere la differenza se vogliamo alleviare le sofferenze delle persone e fornire aiuto quando la solitudine è percepita come un’esperienza negativa. Perché esistono anche persone che non la vivono come un’esperienza totalmente negativa».