AVERE PAURA»
Dara McAnulty è un attivista nordirlandese, ha sedici anni e la sindrome di Asperger. Qualcuno lo ha soprannominato l’anti-Greta, ma è un confronto che gli sta stretto. Preferisce definirsi «una ghianda», perché «Dara» in lingua celtica significa quercia «e la ghianda è il frutto della quercia, l’albero nella sua fase del divenire, come me». In Gran Bretagna è diventato un caso letterario con la pubblicazione del suo Diario di un giovane naturalista, uscito in Italia per Feltrinelli (3 settembre, 240 pagine, 16 euro), in cui racconta cosa significa diventare grande, in una famiglia amorevole e un po’ stramba – tutti autistici tranne papà Paul, scienziato – vincendo la paura del mondo «con le mani sempre sporche di terra e le tasche piene di cose: piume, ghiande, sassi, gusci».
Nel libro scrivi che «il progresso si è intromesso fra noi e il mondo naturale». Tu come sei riuscito ad entrare in relazione con la natura?
«I miei primi ricordi sono di quando, a Belfast, raccoglievo ghiande e castagne selvatiche. I miei genitori non mi hanno mai detto “non farlo, è sporco”. Non hanno mai scoraggiato le mie avventure. Ho vissuto nella natura per sedici anni e non mi è successo niente di male, non ho preso strane malattie. Quando un genitore dice al figlio “lascia stare, è sporco”, gli preclude tutto un mondo di conoscenza e di meraviglia».
Le pagine più interessanti sono quelle in cui descrivi la difficile quotidianità di un ragazzo con autismo. Nel tuo approccio alla natura, però, è stato un vantaggio?
«Non un vantaggio, piuttosto un modo diverso di vivere quello che mi circonda. Ogni esperienza per me è così intensa, una benedizione e una maledizione allo stesso tempo. L’autismo mi ha obbligato a stare nella natura perché è l’unico luogo in cui mi sento a mio agio, dove il mondo è calmo e sereno. La natura mi ha dato una prospettiva». Nella tua crescita cosa ha contato di più?
«L’amore per la natura e la capacità di esprimere quell’amore mi hanno permesso di fare finalmente fuoriuscire i pensieri, le emozioni. Quando ho cominciato a scrivere non riuscivo a parlare con nessuno e così la scrittura è stato il mio modo di interagire con gli altri. A scuola scarabocchiavo su pezzetti di carta quello che volevo dire. Scrivere è stata la mia via di fuga. Lo strumento per esplorare i miei sentimenti».
Dici di amare la scuola, ma che a volte le lezioni sono maledettamente noiose. Come dovrebbero cambiare?
«Alle elementari bisognerebbe fare camminate nella natura.
Dopo, sono necessari corsi seri di biologia, non solo teorici. L’osservazione di uno stagno è molto più interessante ed istruttiva di una lezione seduti in classe. Ho imparato così il ciclo di vita di una rana, come interagiscono prede e predatori... Fissando un elemento della natura per ore, si comprendono davvero i cambiamenti. Invece, a scuola si ricorre continuamente alla tecnologia ma non resta “attaccato” nulla. Si studiano i testi, e finisce tutto lì».
Qual è la lezione più importante che hai imparato dalla natura?
«La natura mi ha permesso di superare il problema del bullismo, ad esempio. E mi ha dato qualcosa cui aggrapparmi, uno strumento per reagire. Quell’ancora di salvezza mi ha insegnato che esiste la bellezza, la meraviglia, la gioia in questo mondo».
Però scrivi anche che amare la natura non è sufficiente, che «dobbiamo combattere». In che modo?
«Io combatto attraverso le parole, cercando di convincere la gente che la natura è pacifica, straordinaria e bellissima. Se solo per un momento l’umanità si fermasse davvero a pensare a tutta la vita che questo mondo contiene, a quanto è speciale… sarebbe una ragione sufficiente per proteggerlo. Spero in una reazione, della gente comune e della politica, perché il pianeta può cambiare e guarire».
Cosa pensi di Greta?
«Mi riempie di speranza, ma dobbiamo anche spiegare perché questo mondo merita di essere salvato. Mi spaventa pensare a cosa succederà quando la polvere si sarà depositata, quando avremo fatto tutte le cose che ci siamo imposti, spinti solo dalla paura che il mondo finisca. Non è meglio osservare la Terra sotto una nuova luce, vedere quanto è bella e magica, e decidere di salvarla per questo? Se capiremo che la natura è parte di noi stessi, allora forse troveremo soluzioni più concrete ai problemi che stiamo affrontando».
«MI SPAVENTA PENSARE A COSA SUCCEDERÀ QUANDO LA POLVERE SI SARÀ DEPOSITATA, QUANDO AVREMO FATTO TUTTE LE COSE CHE CI SIAMO IMPOSTI, SPINTI SOLO DAL TIMORE CHE IL NOSTRO MONDO FINISCA»