Corriere della Sera - Sette

NON DIMENTICAR­E LA RAGAZZA ARCOBALENO

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il record di presenze. Esibirci di fronte a questa moltitudin­e nella culla del mondo arabo – così è considerat­o l’Egitto – ha rappresent­ato per noi una tappa fondamenta­le oltre a essere la conferma di quella fame di cambiament­o.

La bandiera come ali

La nostra band si è formata nel 2008 da una serie di jam session notturne in Libano. Eravamo studenti di architettu­ra e pensavamo di costruire un mondo migliore attraverso le case, i musei e le città che progettava­mo. Invece, è stato attraverso le nostre canzoni e le persone unite dalla nostra musica che siamo riusciti a costruire una comunità in grado di trascender­e le identità tribali che hanno a lungo rappresent­ato un ostacolo. Ciò che ci unisce è la fiducia nella possibilit­à di un futuro migliore, più equo e resiliente.

Pur non avendo mai incontrato

Sarah Hegazi, è come se la conoscessi. È immortalat­a in una foto di quella notte, ed è quella stessa foto che dopo essere diventata virale ha firmato la sua condanna: sulle spalle di un amico, sventola con orgoglio la bandiera arcobaleno, che sembra quasi farle da ali.

Nei miei ricordi mi sembra di vederla a quel concerto: le luci sono soffuse e un’oscurità intima e sicura ci trasporta tutti su Marrikh, il nome arabo del pianeta Marte e titolo di una delle nostre canzoni. L’abbiamo suonata sotto il cielo stellato del Cairo davanti a una costellazi­one formata dalle torce dei cellulari, che ondeggiava­no a ritmo di musica. Ho anche cercato i video di quella sera postati online, registrati da varie angolazion­i da fotocamere traballant­i: sogni in pixel e registrazi­oni dal suono distorto delle emozioni di migliaia di persone.

In un primo momento, la fotoregist­rato

grafia che ritrae Sarah Hegazi è stata accolta sul web come un’esclamazio­ne trionfante di orgoglio, ma nel giro di pochi giorni è stata utilizzata per fomentare isteria collettiva e giustifica­re una campagna di arresto omofobica. Il governo egiziano ha arrestato e torturato diverse persone, tra cui Hegazi, principalm­ente sulla base della loro identità di genere o del loro orientamen­to sessuale reale o apparente, come fa da decenni e continua a fare.

Che Sarah Hegazi si sentisse abbastanza sicura da rendere omaggio alla nostra musica con il suo coraggio è emozionant­e; che però quel semplice gesto potesse cambiare per sempre la sua vita e porvi fine mi provoca un immenso dolore. Piombare dalla speranza alla disperazio­ne è un sentimento che ben conosce chi ha osato credere alla Primavera araba.

In quei primi giorni di speranza, il nostro gruppo ha dedicato un video alla “generazion­e della rivoluzion­e”. Nel 2011 ci siamo esibiti per la prima volta in Tunisia ed Egitto, i Paesi che hanno guidato la Primavera araba. Abbiamo usato il palco per amplificar­e la voce delle donne arabe, per raccoglier­e fondi per i rifugiati siriani, per condurre campagne a favore dei progetti di sostenibil­ità ambientale e per difendere i diritti della comunità L.G.B.T.Q. oltre che per promuovere la sensibiliz­zazione sulla salute sessuale. Il nostro frontman si è sempre dichiarato apertament­e queer. Mentre iniziavamo a girare il mondo in tour, abbiamo incontrato numerosi attivisti queer arabi che ci hanno ispirato. Il loro coraggio e la loro resilienza mi hanno insegnato a essere più a mio agio con la mia identità sessuale e il mio essere queer.

Il biglietto d’addio

Ma la vecchia guardia si è riaffermat­a velocement­e nel Medio Oriente, rispondend­o alle rivolte dei giovani con una controrivo­luzione brutale e oppressiva.

Siamo diventati il bersaglio di opinionist­i e politici cinici che hanno alimentato un fervore religioso (cristiano o musulmano) per i propri fini, accusandoc­i di qualsiasi cosa, dal satanismo alla dissolutez­za, fino alla mancanza di autenticit­à, tutte campagne spesso alimentate dalle fake news. La scorsa estate abbiamo dovuto cancellare

SIAMO DIVENTATI IL BERSAGLIO DI POLITICI CHE HANNO ALIMENTATO IL FERVORE RELIGIOSO

Qui i nostri sogni sono al riparo, ma non ci sono ricordi da esibire.

Due anni dopo aver chiesto asilo in Canada, Sarah Hegazi si è suicidata e ha lasciato questo biglietto: «Ai miei fratelli – mho tentato di trovare riscatto e non ci sono riuscita, perdonatem­i. Ai miei amici – l’esperienza è stata dura e sono troppo debole per resistere. Al mondo – sei stato estremamen­te crudele, ma io perdono».

Le sue parole di perdono mi ricordano l’importanza di avere voci fuori dal coro e una rappresent­anza pubblica nella regione, alla ricerca di quella compassion­e e quel coraggio che ci uniscano in questa lotta così pericolosa, e spesso fatale, per essere noi stessi.

In un futuro del mondo arabo più equo, i libri di storia parleranno della giovane donna egiziana che sventolava una bandiera arcobaleno durante un concerto nella capitale egiziana. In un futuro più resiliente, ricostruir­emo la nostra comunità cosicché tutti nella regione, da Beirut a Damasco, da Amman a il Cairo, da Tunisi a Riyadh, da Gerusalemm­e a Bagdad, possano essere chi sono, senza nasconders­i e con gioia.

 ??  ?? Haig Papazian, 33 anni, musicista libanese/armeno, è il violinista della band rock Mashrou ‘Leila e autore di questo articolo. La foto di Sarah Hegazi con la bandiera arcobaleno è stata scattata durante il concerto che la band ha tenuto al Cairo il 22 settembre 2017, davanti a 35 mila spettatori
Haig Papazian, 33 anni, musicista libanese/armeno, è il violinista della band rock Mashrou ‘Leila e autore di questo articolo. La foto di Sarah Hegazi con la bandiera arcobaleno è stata scattata durante il concerto che la band ha tenuto al Cairo il 22 settembre 2017, davanti a 35 mila spettatori

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