Il mago mancino delle corde
Racconta Carlo Verdone che quando ascoltò il primo disco di Jimi Hendrix aveva 16 anni, aveva bisogno della musica, e non sapeva ancora di quale musica. «Ma quando uscì Hey Joe capii subito che stava accadendo qualcosa di diverso, di strano, di epocale. Era come se la musica improvvisamente
stesse tramutando in qualcosa di differente ed esisteva qualcuno che stava reinventando la chitarra. C’era un’energia dietro a quel brano, una potenza, che restituiva il suono di una chitarra suonata con energia incredibile, con una creatività che non avevo riscontrato in nessun altro interprete». Il racconto di Verdone, scritto due anni fa per Vanity Fair, quasi trenta dopo il suo Maledetto il giorno che ti ho incontrato, sontuoso omaggio cinematografico al suo idolo Hendrix, centra perfettamente quanto la musica debba al grande Jimi, innovatore non solo per i suoni, le distorsioni, i feedback, i wah wah, ma anche per i modi. Quel suo aggredire lo strumento, le dentate alle corde della chitarra elettrica, quel portarsela dietro il collo alla scoperta di diverse sonorità, quel giocare con lei fino a farla diventare un prolungamento della sua sessualità come ha fatto al Festival pop del 1967 a Monterey con la sua preferita, la Fender Stratocaster: concluse dandole fuoco con il liquido dell’accendino e poi ossessivamente sbattendola contro ogni cosa. Recuperata e fatta restaurare da Frank Zappa è stata venduta nel 2012 per 270 mila euro.
Mischiando blues, rock e sound psichedelico, nel 1969 Jimi chiuse leggendariamente Woodstock, raduno principe degli anni Sessanta, all’alba del quarto giorno reinventando l’Inno americano e trasformandolo in un lamento di morte suonato con tutto corpo mentre le dita correvano abili, frenetiche