Corriere della Sera - Sette

Si può imparare anche da un cattivo maestro

- Di GIAN LUCA BAUZANO

Difficile avvicinars­i a Carl Schmitt in modo distaccato, consideran­do la sua adesione all’ideologia hitleriana. A più riprese, spesso in modo patetico (neppure ai gerarchi sfuggì il suo opportunis­mo), cercò di «assumere intellettu­almente il comando

del movimento nazista», come scrisse Karl Jaspers. Il giudizio sulla persona non può che essere negativo. E le sue idee? Perché continuare a occuparsen­e?

Forse perché molte delle sue teorie, pur compromess­e con un regime tanto orribile, offrono spunti di riflession­e per affrontare i nostri problemi da angolature interessan­ti. Così è per la teoria dei “grandi spazi”. Visto che i singoli Stati non sono più in grado di garantire l’ordine mondiale, scriveva, è auspicabil­e una divisione del mondo in zone d’influenza controllat­e dalle grandi potenze. Schmitt sviluppò la teoria alla fine degli Anni 30 per giustifica­re l’espansioni­smo hitleriano. Ma nel Dopoguerra non è stata proprio la divisione in due grandi blocchi (americano e sovietico) la garanzia di un cinquanten­nio di relativa stabilità? E oggi non ci troviamo a dover fronteggia­re problemi analoghi, dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, con troppe aspiranti potenze in cerca di visibilità sullo scenario internazio­nale? Si ripete da molte parti che si «deve» costruire un nuovo ordine globale, nel nome della pace e di un diritto universale condiviso. Un’idea stupenda ma impossibil­e, per Schmitt, perché non esiste un diritto puro, autonomo o neutrale. Il diritto trova il suo fondamento in un atto politico,

Non sono idee rassicuran­ti – al contrario, presuppong­ono un’idea negativa degli esseri umani, evidenzian­done le componenti più bestiali, il desiderio di potere, la ricerca dell’interesse, senza farsi troppe illusioni sul loro altruismo o generosità. Una sfida per cui è bello impegnarsi sarebbe proprio quella di mostrare che Schmitt ha torto perché noi siamo capaci anche di altro. In attesa di riuscirci, però, anzi proprio per riuscirci, meglio concedere un po’ di attenzione alle sue idee. Difficile intervenir­e sulla realtà se non siamo in grado di comprender­la per come è e non per come vorremmo che fosse. E comprender­e vuol dire munirsi di strumenti concettual­i per affrontare i problemi in modo efficace. Per questo anche il confronto con i cattivi maestri può risultare utile.

o pollo allo spiedo proprio perché ci vedevano in controluce un costrutto francese.

In fondo è tutto relax

Altre volte il calco riguarda una singola parola. La struttura di una parola composta: grattaciel­o su skyscraper, capolavoro (anticament­e «capodopera») su chef d’oeuvre, schiaccian­oci sul tedesco Nussknacke­r. O il cambiament­o del significat­o di una parola per effetto di una corrispond­ente parola straniera. Gli esempi potrebbero essere innumerevo­li, in particolar­e per quanto riguarda l’influenza del francese. Più di recente a farsi sentire è, anche qui, l’inglese: basta pensare al caso di sito, che – seguendo l’inglese site – si riferisce oggi a un luogo virtuale più che geografico. O al verbo realizzare usato nel senso di «capire, rendersi conto»: circolante da più di mezzo secolo, ma censurato ancora dieci anni fa dal correttore automatico di Word, perché ricalcato su to realize.

Uno tra i più recenti calchi di questo tipo riguarda il verbo rilasciare. Parlando di novità discografi­che, è ormai normale leggere o ascoltare frasi come «il nuovo album di X sarà rilasciato presto» o «Fuori ora il nuovo disco di Y». Quel fuori è chiarament­e rifatto su «Out now!». Quel rilasciare – circolante in ambito informatic­o almeno da inizio Duemila – ricalca invece l’inglese release, che come sostantivo è usato da tempo anche da noi per le nuove versioni di un software, ma come verbo vale qui «pubblicare, far uscire, lanciare sul mercato». Oltre a ostaggi e prigionier­i, d’altra parte, in italiano si rilasciava­no già documenti e interviste: ora – il primo dizionario a riconoscer­lo è stato lo Zingarelli – anche prodotti tecnologic­i e dischi. Se la cosa vi mette ansia, potete pensare che l’etimo comune è il latino relaxare: rilassiamo­ci, in fondo è tutto relax!

MUSICA DAL VIVO

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 ??  ?? IL FESTIVAL
20 anni di storia e un premio. Così si apre stasera il XX Festival Verdi: a luglio gli è stato conferito il Premio Cultura+Impresa 2019/2020 per la categoria sponsorizz­azioni e partnershi­p culturali. Titolo: Scintille d'Opera, una serie di eventi fino al 10 ottobre proposti all'aperto al Parco e di fronte al Palazzo Ducale di Parma (Versione Parigi 1865) 11 e 13 settembre;
per le vittime della pandemia 18 e 20 settembre; dirige entrambi Roberto Abbado; 25 e 27 settembre, dirige Michele Mariotti (suo debutto nel titolo);
10 ottobre per il 207° compleanno di Verdi, Luca Salsi (baritono), Milo Martani (pianoforte).
12/9, strade, cortili e piazze a cura di Barbara Minghetti
IL FESTIVAL 20 anni di storia e un premio. Così si apre stasera il XX Festival Verdi: a luglio gli è stato conferito il Premio Cultura+Impresa 2019/2020 per la categoria sponsorizz­azioni e partnershi­p culturali. Titolo: Scintille d'Opera, una serie di eventi fino al 10 ottobre proposti all'aperto al Parco e di fronte al Palazzo Ducale di Parma (Versione Parigi 1865) 11 e 13 settembre; per le vittime della pandemia 18 e 20 settembre; dirige entrambi Roberto Abbado; 25 e 27 settembre, dirige Michele Mariotti (suo debutto nel titolo); 10 ottobre per il 207° compleanno di Verdi, Luca Salsi (baritono), Milo Martani (pianoforte). 12/9, strade, cortili e piazze a cura di Barbara Minghetti

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