Si può imparare anche da un cattivo maestro
Difficile avvicinarsi a Carl Schmitt in modo distaccato, considerando la sua adesione all’ideologia hitleriana. A più riprese, spesso in modo patetico (neppure ai gerarchi sfuggì il suo opportunismo), cercò di «assumere intellettualmente il comando
del movimento nazista», come scrisse Karl Jaspers. Il giudizio sulla persona non può che essere negativo. E le sue idee? Perché continuare a occuparsene?
Forse perché molte delle sue teorie, pur compromesse con un regime tanto orribile, offrono spunti di riflessione per affrontare i nostri problemi da angolature interessanti. Così è per la teoria dei “grandi spazi”. Visto che i singoli Stati non sono più in grado di garantire l’ordine mondiale, scriveva, è auspicabile una divisione del mondo in zone d’influenza controllate dalle grandi potenze. Schmitt sviluppò la teoria alla fine degli Anni 30 per giustificare l’espansionismo hitleriano. Ma nel Dopoguerra non è stata proprio la divisione in due grandi blocchi (americano e sovietico) la garanzia di un cinquantennio di relativa stabilità? E oggi non ci troviamo a dover fronteggiare problemi analoghi, dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, con troppe aspiranti potenze in cerca di visibilità sullo scenario internazionale? Si ripete da molte parti che si «deve» costruire un nuovo ordine globale, nel nome della pace e di un diritto universale condiviso. Un’idea stupenda ma impossibile, per Schmitt, perché non esiste un diritto puro, autonomo o neutrale. Il diritto trova il suo fondamento in un atto politico,
Non sono idee rassicuranti – al contrario, presuppongono un’idea negativa degli esseri umani, evidenziandone le componenti più bestiali, il desiderio di potere, la ricerca dell’interesse, senza farsi troppe illusioni sul loro altruismo o generosità. Una sfida per cui è bello impegnarsi sarebbe proprio quella di mostrare che Schmitt ha torto perché noi siamo capaci anche di altro. In attesa di riuscirci, però, anzi proprio per riuscirci, meglio concedere un po’ di attenzione alle sue idee. Difficile intervenire sulla realtà se non siamo in grado di comprenderla per come è e non per come vorremmo che fosse. E comprendere vuol dire munirsi di strumenti concettuali per affrontare i problemi in modo efficace. Per questo anche il confronto con i cattivi maestri può risultare utile.
o pollo allo spiedo proprio perché ci vedevano in controluce un costrutto francese.
In fondo è tutto relax
Altre volte il calco riguarda una singola parola. La struttura di una parola composta: grattacielo su skyscraper, capolavoro (anticamente «capodopera») su chef d’oeuvre, schiaccianoci sul tedesco Nussknacker. O il cambiamento del significato di una parola per effetto di una corrispondente parola straniera. Gli esempi potrebbero essere innumerevoli, in particolare per quanto riguarda l’influenza del francese. Più di recente a farsi sentire è, anche qui, l’inglese: basta pensare al caso di sito, che – seguendo l’inglese site – si riferisce oggi a un luogo virtuale più che geografico. O al verbo realizzare usato nel senso di «capire, rendersi conto»: circolante da più di mezzo secolo, ma censurato ancora dieci anni fa dal correttore automatico di Word, perché ricalcato su to realize.
Uno tra i più recenti calchi di questo tipo riguarda il verbo rilasciare. Parlando di novità discografiche, è ormai normale leggere o ascoltare frasi come «il nuovo album di X sarà rilasciato presto» o «Fuori ora il nuovo disco di Y». Quel fuori è chiaramente rifatto su «Out now!». Quel rilasciare – circolante in ambito informatico almeno da inizio Duemila – ricalca invece l’inglese release, che come sostantivo è usato da tempo anche da noi per le nuove versioni di un software, ma come verbo vale qui «pubblicare, far uscire, lanciare sul mercato». Oltre a ostaggi e prigionieri, d’altra parte, in italiano si rilasciavano già documenti e interviste: ora – il primo dizionario a riconoscerlo è stato lo Zingarelli – anche prodotti tecnologici e dischi. Se la cosa vi mette ansia, potete pensare che l’etimo comune è il latino relaxare: rilassiamoci, in fondo è tutto relax!
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