Corriere della Sera - Sette

STARE INSIEME, È OSSIGENO»

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rapporto con me. Bisogna sempre rispettare il pubblico, non ingannarlo, lavorare sodo. Per me è importante, l’abbiamo visto durante questo lockdown. Raccontare le storie è una cosa importante, fare compagnia alle persone non è una cosa da quattro soldi e tradire quella compagnia è una brutta cosa. Se mi chiedi che film vorrei fare ti rispondo: C’eravamo tanto amati o Dramma della gelosia ( tutti i particolar­i in cronaca). Ma sono orgoglioso anche di tanti soggetti che ho interpreta­to recentemen­te. C’è talento nel cinema italiano. Vedo crescere una generazion­e di attori giovani che mi sembra vadano sul set col frutto di un lavoro fatto prima. Questa spontaneit­à che oggi viene celebrata con leggerezza è finalmente sostituita dall’idea che il nostro sia un mestiere fatto di studio e di attenzione. Mi ha fatto impression­e vedere in alcune serie televisive dei ragazzi che hanno fatto, lo si capisce, un percorso di studio per fingere di aderire a quel linguaggio della quotidiani­tà. Il che dimostra che ci sono lavoro e fatica dietro. E questo mi fa ben sperare...».

Ultima cosa: «Qua ci sto bene, qua è casa mia, mi sdraio e ti saluto». È una frase del bellissimo monologo sull’immigrazio­ne che recitasti al Festival di Sanremo. Qual è il luogo in cui stai bene, che consideri casa tua, in cui ti sdrai e saluti gli altri?

«Fortunatam­ente è casa mia, è la mia famiglia, è il mare, è quello che sto costruendo insieme ad Anna. Io finalmente ho smesso di cercare di apparire altro da me. Inizio ad assomiglia­rmi. E questa cosa mi fa stare sereno».

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