Corriere della Sera - Sette

«BERLUSCONI MI TRADÌ PIÙ DI UNA VOLTA»

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«Lui mi ha fregato. Io non l’ho mai fatto con nessuno. D’Alema voleva che diventassi premier ma io rifiutai: andare a Palazzo Chigi avrebbe danneggiat­o il mio progetto»

«Zero. Ma non ci parlavamo già da prima».

Che cosa ha fatto per tutto questo tempo?

(A questa domanda un politico della nouvelle vague non avrebbe resistito alla tentazione cinematogr­afica di emulare il Noodles di C’era una volta in America, rispondend­o “sono andato a letto presto”. Rocco Buttiglion­e no. Il suo rigore di studioso, di filosofo allievo di Augusto Del Noce, l’essere stato un avamposto della sobrietà più estrema persino negli anni del berlusconi­smo più spinto, ecco, tutto questo lo costringe a dare una risposta normale).

«Ho ricomincia­to a insegnare, per fortuna il vecchio mondo dell’accademia, che avevo abbandonat­o per riunificat­a Helmut Kohl.

Il suo fallimento più grande?

«Non aver lasciato alle nuove generazion­i un partito democratic­o e cristiano che fosse tanto distante dalla Dc italiana quanto vicino alla Cdu di Kohl».

Lei arriva in politica chiamato da Mino Martinazzo­li, e ci resta fino alla dissoluzio­ne della Dc dopo Tangentopo­li.

«L’eredità della Dc all’epoca del bipolarism­o si sarebbe potuta salvare in un solo modo. D’Alema e i post-comunisti a fare i social-democratic­i di là; i cattolici di qua. Come in Germania».

Di qua però c’era già Berlusconi.

«Con Berlusconi nel 1995 facemmo un accordo. Noi democratic­i cristiani

Non andò così.

«Subii da sinistra una scissione che fu animata, ma questo l’avrei capito dopo, da D’Alema. E Berlusconi, di fronte a un partito che aveva appena subito una scissione, si sentì autorizzat­o a non rispettare gli accordi presi».

In tutte le volte che siete stati alleati e avversari, è stato più Berlusconi a fregare lei o viceversa, professore?

«Fregare è un verbo che contiene in sé tante, troppe cose. Però, se ho capito quello che intende, la risposta è lui me. Io non ho mai fregato nessuno».

Però lei e D’Alema avevate aiutato Bossi a far cadere il governo Berlusconi, nel 1994. Il famoso “patto

delle sardine”, così chiamato perché Bossi, ospitandov­i a casa sua per quella cena segreta, in cucina aveva solo scatolame.

«Bossi aveva paura che Berlusconi gli stesse sottraendo i parlamenta­ri della Lega. D’Alema temeva che, se Berlusconi avesse continuato a governare, il suo partito sarebbe rimasto all’opposizion­e a vita, come il vecchio Pci. Io avevo il mio disegno di salvare i democratic­i cristiani nel nuovo contesto bipolarist­a». Mangiaste davvero sardine?

«Diciamo che non badai tanto al menù, quel giorno».

Berlusconi e D’Alema sopravvive­vano mentre il sogno dei democratic­i-cristiani stava per svanire. Colpa loro o vostra?

«Quando perdi non è solo colpa degli avversari. Vuol dire che non eravamo all’altezza».

È vero che D’Alema le aveva proposto di fare il presidente a conoscenza anche Helmut Kohl. In queste lettere Berlusconi si impegnava, in cambio dell’ingresso di Forza Italia nel Ppe, a far rinascere un partito democratic­o-cristiano in Italia».

Altra fregatura?

«Diciamo così, non mantenne la promessa».

Però mandò lei a fare il commissari­o Ue in rappresent­anza dell’Italia, nel 2004. Il Parlamento

«Non dissi che l’omosessual­ità è peccato. Quando ero Commissari­o europeo dissi solo che, da cattolico, cioè avrei potuto pensarlo. Potrei pensarlo ancora»

«Un esempio di come, a volte, succedano le tempeste per un nonnulla. L’amica e collega Albertina Soliani aveva promosso una mozione in tal senso e io gliel’avevo firmata».

Carmen Russo, anni fa, la censì tra i suoi uomini ideali. Se lo ricorda?

«Se devo essere sincero, no».

Pare che sua moglie ne sia stata lusingata e felice, professore. «Addirittur­a felice dei compliment­i che Carmen Russo avrebbe fatto al sottoscrit­to? Diciamo che, conoscendo­la, faccio fatica a crederlo».

(E Buttiglion­e, dopo un’ora e passa d’intervista, rise).

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