SOLDI, COCA & SBALLO BOLOGNA NON È QUELLA CHE SEMBRA
C’era una seconda città tra gli anni Settanta e Ottanta, lontana dall’immagine tutta musica e impegno. La racconta Nick Fibonacci in . Tra droga, gente ricca, voli ai Caraibi. Con un richiamo inatteso alla cronaca più recente dei festini sui colli
Bologna città rossa, per il colore dei mattoni come precisano sempre gli abitanti, comunque anche politicamente colorata e impegnata. Bologna con il più antico ateneo d’Occidente, culla del ‘77 studentesco e sogno universitario di generazioni di diciottenni. Bologna vivibile, dove «non si perde neanche un bambino» (cantava Lucio Dalla), città della buona amministrazione. Ricca, gioviale, godereccia. Bologna del cibo.
Fin qui l’immaginario comune. Poi leggi una storia dove i portici sono ripresi quasi sempre al buio, tra «zone franche della notte» dove tutto è lecito. Dove i ragazzi non hanno voglia di cambiare il mondo ma cercano “fattanza”, trasgressione, soldi. Fine a sé stessi. È un’altra faccia di Bologna, oscura e pericolosa. La racconta Nick Fibonacci in Io ero, in uscita per Mondadori il 29: è la sua vita, quella di un ex trafficante di droga che attraverso eroina e cocaina arriva nel mondo dei ricchi, ci sguazza e lo usa finché può.
Siamo tra la fine degli anni Settanta e gli Ottanta: a Bologna c’erano il Dams e Andrea Pazienza, gli Skiantos, Eva Robin’s e Pier Vittorio Tondelli.
Il libro li cita, ma restano sullo sfondo, sfuocati. In primo piano ci sono sempre la droga e il mondo della delinquenza che la circonda. «La motivazione che mi spingeva? La ricerca dello sballo, parte tutto da lì. La conseguenza sono i soldi, la bella vita, i viaggi, me la sono stragoduta e non avevo l’ansia del rischio», racconta Nick Fibonacci, che sceglie di usare uno pseudonimo («la mia è una successione di eventi, come la serie del matematico Fibonacci»), perché «ha attraversato troppi confini geografici, legali, etici», come si legge in terza di copertina.
La Bologna universitaria è da un’altra parte. «Era una cosa diversa da noi, un mondo che ho vissuto in modo distaccato. Il centro dello spaccio universitario era in piazza Verdi, io prendevo un aereo e andavo ai Caraibi», racconta Nick. «C’era una seconda Bologna che io vivevo». Lontana anche dall’immagine bohémienne della droga consumata in un ambiente culturalmente impegnato. Non è nemmeno quella dei biassanot, il popolo delle osterie che Guccini ha fatto conoscere a tutta Italia: «Con loro ci mescolavamo, sì, alle 4 di mattina ci incontravamo negli stessi posti». Ma condividevano solo i luoghi.
«Quello che mi ha attirato del racconto di Nick», spiega Lorenza Giuliani, giornalista che ha aiutato nella scrittura del libro «è proprio che aveva come sfondo Bologna. Qui si ride, si sonnecchia, si mangiano i tortellini, si sta bene. Questa storia sposta il teatro della malvivenza in una città che non è percepita come malvivente». Napoli, Roma sono classici sfondi per una storia di malavita. Bologna meno. Non che i fatti criminosi manchino: c’è stata la Uno bianca, ci sono state le stragi. E la cronaca più recente parla di festini in ville sui colli a base di cocaina e sesso a cui partecipano manager, avvocati, immobiliaristi e giovani donne. Ma è pur sempre una delle città in testa alle classifiche del buon vivere.
È il lato duro, comunque, che ha affascinato anche John Grisham: la sua spy story Il broker (pubblicata in Italia da Mondadori, 2005) è ambientata sotto i portici. Raccontano il lato opaco anche Loriano Machiavelli, Maria Grazia Verasani, Giampiero Rigosi, con i loro noir sotto le Due Torri. E naturalmente Carlo Lucarel
ma ancora accogliente e fiduciosa. «Ti sei accorta anche tu che siamo tutti più soli?», canta in Nessuno vuole essere Robin, scritta sui colli (quelli del ventenne spensierato di 50 Special) guardando San Luca, la basilica simbolo dell’appartenenza alla città.
Anime diverse. Che si incontrano, al limite, in Riviera. «Al mare è più facile che tutto si mescoli», secondo Fibonacci. Ci sono le spiagge, la proverbiale accoglienza degli albergatori, i bagnini, le tedesche, i personaggi più o meno famosi. È l’ambientazione della commedia Sotto il sole di Riccione, nuovo Sapore di mare scritto da Enrico Vanzina uscito su Netflix in luglio, che prende il nome dalla hit dei Thegiornalisti di tre anni fa.
La Romagna solare e colorata, con qualche skate di troppo e qualche anziano in meno rispetto all’originale, è anche lo sfondo della serie per teenager Summertime girata a Cesenatico, di cui si aspetta una seconda parte. Poi c’è la Riviera notturna, con le discoteche dove si fa l’alba. E dove il pusher Nick negli Anni 80 e 90 incontrava bolognesi, milanesi, veejay, e «i buttafuori mi trattavano come il presidente del Consiglio».
E adesso? «Da tanti anni sono fuori dai giri», ammette Fibonacci: «Non credo sia più possibile vivere Bologna come l’ho vissuta io, allora c’era più leggerezza» . E lui intende meno controlli. Ma forse anche l’aria era più leggera: facce diverse della città convivevano e ognuno trovava la propria bolognesità. Poi sono arrivate le barricate: residenti contro studenti, bolognesi doc contro nuovi abitanti, automobilisti contro ciclisti. E tutti si sono ritrovati a doversi schierare.