L’ITALIA DELLE REGIONI: QUANDO CAMBIA COLORI POI LO FA ANCHE ROMA
Dal 1995, con la legge Tatarella che avvicinò queste elezioni a quelle dirette dei sindaci ma senza doppio turno, la scelta “periferica” ha sempre anticipato il futuro assetto di potere nazionale. La tendenza più marcata è: testa (Nord) a destra e cuore (Centro) a sinistra
1995
2000
2005
termina il voto nazionale e non viceversa. Il centrosinistra che vince nei territori nel 1995 va al governo del Paese nel 1996. Il centrodestra che si aggiudica la tornata del 2000 riporta Berlusconi a Palazzo Chigi nel 2001. E ancora, il centrosinistra che domina le Regionali del 2005 poi rivince le Politiche nel 2006.
Sono elezioni che spesso confondono, sorprendono e annebbiano la vista anche dei politici più navigati, a riprova di quella distanza sentimentale tra centro e periferia che nella Seconda Repubblica sembra farsi più marcata. Il caso di scuola
2010 ma il risultato di misura è bugiardo assai: nelle regioni vinte dal centrodestra abitano più di 32 milioni di italiani; nelle sette del centrosinistra meno della metà. Perdono big come Livia Turco in Piemonte e Massimo Cacciari in Veneto, una vecchia gloria come Martinazzoli viene doppiato da Roberto Formigoni in Lombardia, Badaloni viene sconfitto da Francesco Storace nel Lazio. Il ritorno del berlusconismo è alle porte, a sei anni dal ribaltone del 1994. Nanni Moretti pronuncerà in piazza Navona a Roma il suo famoso «con questi dirigenti non vinceremo
2015 le Politiche del 2006 quasi alla voce vittoria di Pirro.
È l’ultima elezione prima della ricomposizione dei due blocchi. Nel 2010 la Lega ottiene le nomination in Piemonte e Veneto, col centrodestra riconquista anche il Lazio, la Campania e la Calabria sottraendole al centrosinistra che ha iniziato nel frattempo a sperimentare le primarie per l’individuazione del candidato governatore. Nella foto dell’Italia, che prima era divisa tra Regioni blu e Regioni rosse, un colore per coalizione, si inizia a fare largo il verde della Lega.
2020