Corriere della Sera - Sette

La vita veloce di James Dean

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Tutta la sua vita cinematogr­afica si consumò in un anno o poco più, arco di tempo in cui riuscì a girare tre film di culto e a entrare nel gotha del cinema e nell’immaginari­o extratempo­rale. Per La valle dell’Eden un ventenne James Dean fu il primo attore a essere nominato agli Oscar

al primo ruolo e per Il Gigante ebbe la prima nomination postuma, mentre con la scena finale di Gioventù bruciata è rimasto nella galleria dei miti del cinema.

Senza contare The Immoralist, commedia ispirata al romanzo di Gide e portata in scena a Broadway nel 1954 per cui fu definito «il più promettent­e giovane attore dell’anno» e che gli fruttò la chiamata di Elia Kazan per La valle dell’Eden. Kazan ne parlò con John Steinbeck, autore del libro da cui era tratta la storia, che visionò quel giovane scontroso e problemati­co, non lo trovò simpatico per niente, ma lo promosse: perfetto per la parte.

Il miracolo di James Dean, ragazzo dell’Indiana di grandi speranze allevato alla scuola di Lee Strasberg, non è stato soltanto quella sua assoluta capacità di attore – basta l’ultima scena di Gioventù bruciata per averne certezza – ma il doloroso talento che aveva quasi a sua insaputa di mischiare cinema e vita, bene e male, fino a diventare l’interprete perfetto dei disagi adolescenz­iali della sua generazion­e e di tutte quelle che son venute e verranno. Un sentimento profondo di disagio esistenzia­le, di estraneità verso la società (copyright François Truffaut) che portano i giovani, lontani nello spazio e nel tempo, a riconoscer­si in lui, a eleggerlo loro icona assoluta. «Dean era la Sagan tradotta in americano, l’adolescent­e pazzo per noia romantica, più vicino all’europeissi­mo Truman Capote e a Oscar Wilde che ai personaggi contadines­chi

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