LA GIOVANE ROM FUGGE MA SI SCOPRE MADRE
Quando l’affetto può più del coraggio. Pamela è una ragazza rom e ne ha abbastanza della povertà fredda di neve dei dintorni di Bucarest. Un giorno si butta: lascia la figlioletta di due anni e mezzo con la nonna malmostosa e va. Destinazione Europa ricca, nella fattispecie Belgio. Dove l’aspetta Bruno, un uomo ancora non troppo emancipato da mamma e papà che ha “conosciuto” sullo schermo del pc di un’agenzia matrimoniale appena aperta lì in Romania: garantisce vie di fuga dall’indigenza grazie a “storie d’amore” con rapido matrimonio. Tutto bene all’apparenza e per un po’. Bruno è serio, la vita è comoda, il francese non così difficile e il fiammingo non richiesto, se non timidamente dal padre del futuro sposo. Però alla lunga il “fuori” non basta, il “dentro” reclama. E se nella roulotte di un campo rom nella sua nuova città, Liegi, appare un visetto noto, tutto può cambiare. Il debutto alla regia di un film di finzione della documentarista Marta Bergman, romena fuggita anche lei in Belgio, ha una sua intensità non banale grazie all’attrice quasi 33enne protagonista, Alina Serban, unica nella sua famiglia rom a studiare e laurearsi fino a un master della Reale Accademia di Arte Drammatica di Londra. C’è passione, il merito di non cadere in storie già viste di prostituzione e violenza. Ma il film, comunque serio e da rispettare, è un po’ inerte, non spicca mai davvero il volo.
SOLA AL MIO MATRIMONIO
LA FRASE
Regia di Marta Bergman con Alina Serban, Tom Vermeir, Rebeca Anghel,
Viorica Tudor