MOSHE ZONDER «DOPO FAUDA, GLI IRANIANI: RIBALTO OGNI PREVISIONE»
Una giovane hacker israeliana ha il compito di infiltrarsi nei sistemi di sicurezza iraniani. Sullo sfondo Teheran rappresentata come una metropoli vivace e piena di colori
Gli ingredienti da manuale del perfetto spy-thriller ci sono tutti: un’affascinante agente del Mossad che lavora sotto copertura in un Paese nemico (anzi, il nemico per antonomasia: l’Iran), inseguimenti a rotta di collo, scambi di persona, camuffamenti, guerre informatiche, amori clandestini e adrenalina a volontà. Ma Tehran, la nuova produzione originale Apple TV+ creata in partnership con il canale pubblico israeliano
Kan 11, è nata con obiettivi più ambiziosi che essere catalogata come l’ennesima, ben fatta, serie tv di spionaggio: «Il fulcro della storia poggia sulla questione dell’identità, sull’appartenenza a una nazione, sulla questione dei migranti, sulle “narrazioni” che ci inculcano fin da quando siamo bambini e la possibilità di staccarci da quegli stereotipi», spiega a Moshe Zonder, uno dei creatori della serie. Israeliano, classe 1965, un passato da reporter, Zonder è salito alla ribalta internazionale grazie a Fauda ,la serie Netflix in cui ha voluto dare un volto umano ai militanti di Hamas: «All’inizio nessuno voleva vederla, ma alla fine si è rivelata un successo. Basti pensare che, grazie a Fauda, molti ebrei qui in Israele hanno iniziato a studiare l’arabo», racconta.
Per certi versi l’intenzione di Tehran è simile: «Ho sempre so