L’ultimo treno del mammone
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Caro Massimo, la maggiore età l’ho superata da un pezzo (sono 45). E ho avuto una movimentatissima vita sentimentale, anche appagante a volte, mentre altre relazioni sono finite in burrasca, insomma un po’ come tutti. Ho però da qualche anno una vita di coppia stabile con una mia coetanea. A distanza, però, perché mi prendo cura dell’ottuagenaria e adoratissima mamma in tutto e per tutto, e vivo con lei.
Ora ecco la domanda: lascio la mamma con relativa e certa depressione da solitudine, e inizio una vita finalmente da uomo sposato nella seconda e ultima parte della mia vita? O rimango con mamma affinché la mia missione finisca in modo “naturale”, forse fra un anno o forse fra dieci, perdendo però l’ultimo treno che probabilmente la vita mi riserba? In entrambi i casi mi riconosco comunque come un perdente.
Un uomo nell’anticamera
CARO ANTICAMERA, ne hai parlato con tua madre? Su di te, lo confesso, non nutro molte speranze, se sei quello che traspari dalle tue parole. Immagina se l’invecchiamento solitario di tua mamma ti avesse sorpreso già sposato con figli. Avresti forse ignorato loro per occuparti di lei? Suppongo che ti saresti comportato come milioni di altre persone, barcamenandoti tra le due realtà e cercando aiuto: anche a pagamento, se fossi stato nelle condizioni di permettertelo. Non sarà che hai paura di uscire di casa e ti barrichi dietro la solitudine di tua madre per non affrontare te stesso? Un figlio ha il dovere sacrosanto di occuparsi dei suoi genitori anziani, ma non rientra nell’ordine naturale delle cose congelare il passaggio all’età adulta fino al transito di una madre o di un padre a miglior vita. I primi a non volerlo dovrebbero essere loro.
E qui torniamo al punto. Se tua madre assomiglia alla stragrande maggioranza delle madri, e non alle poche che succhiano l’anima ai figli pretendendo che vivano solo all’ombra del tinello avito, sarà la prima a essere stufa di venire usata come alibi. Una madre che ama il figlio in modo incondizionato (e l’amore materno, quando è sano, è di quel tipo lì) ha soltanto voglia di vederlo felice e appagato con i nuovi affetti che si è creato nel corso della vita. Essendo consapevole che una soluzione per il suo accudimento alla fine si trova sempre, anche se non sempre sarà la più vantaggiosa per lei. Ma una madre, o un padre, davanti al figlio si mettono al secondo posto. Purché il figlio glielo permetta. Mi chiedo anche che cosa ne pensi la tua compagna. Non è stufa di questa situazione? Oppure le sta bene così? E a te, sta bene così?
«A 45 ANNI HO UNA VITA DI COPPIA A DISTANZA PERCHÉ VIVO CON L’ ADORATISSIMA MAMMA: SO DI ESSERE UN PERDENTE»
Buonasera signor Gramellini, sono reduce da una lunga storia di 10 anni con un finale mortificante. “Lui” durante e dopo il lockdown ha espresso e manifestato la volontà di separarsi dalla compagna, con ricerca di nuova casa
e con richiesta alla sottoscritta di convivenza. Grandi attenzioni, gentilezze, regali affettuosi, per finire a fine maggio con un dono significativo (fede nuziale, cosi definita da
Lui), accompagnato da parole d’impegno.
Esce di casa e alloggia in un b&b dicendomi: «Lo faccio per te perché ti voglio bene». Una settimana dopo (senza dirmi nulla) tornava in lacrime dalla sua convivente (non moglie) chiedendo di poter rientrare a casa. Ripreso immediatamente, nonostante “lei” sapesse del lungo tradimento. Che dire? Mi domando se gli uomini siano cosi ripetutamente traditori e imbroglioni perché alla fine sanno che noi donne perdoniamo tutto (per amore, per convenienza o pur di avere in casa un paio di pantaloni?). Io non avevo accettato, tanto tempo fa, da mio marito, l’interruzione della lealtà e mi ero separata. Chissà se le false riconciliazioni porteranno effetti positivi in queste “lunghe e infedeli” storie d’amore.
Ornella
ORNELLA CARISSIMA, ogni volta che ricevo lettere come la sua mi sorprendo a cogliervi un’incongruenza che per lei, probabilmente, tale non è. Alludo al fatto che il suo racconto, giustamente centrato sulla figura dell’amante, a metà dello svolgimento vira verso una terza persona — la compagna di lui — e proprio quando noi lettori ci aspetteremmo (stavo per scrivere: pregusteremmo) un attacco feroce al furbacchione. Il quale, partito per vincere il Gran
Premio di Noi Due, al primo tornante ha messo la retromarcia ed è tornato ai box. Il suo pilota preferito, dopo averle promesso la vittoria, si rifugia nuovamente in garage e lei con chi se la prende? Con il pilota? No, con il garage.
Mi permetta, ma è un modo ben strano di ragionare. Invece di confrontare questo tizio con altri uomini più coerenti di lui (esistono, mi creda, sebbene siano rari come funghi in un bosco fuori stagione), apparecchia un paragone tra sé stessa e la compagna, accusandola di non essersi comportata come lei con il suo ex marito, e di avere accettato di riprendersi in casa il marpione, pur sapendo che tipo è e che cosa presumibilmente continuerà a combinare. In sostanza, signora, lei non riconosce al suo amante alcun libero arbitrio. Egli è cera nelle mani di quella donna ed è solo con quelle mani che lei se la prende. Io, sinceramente, me la prenderei di più con la cera.
NE HAI PARLATO CON TUA MADRE? FORSE È STUFA DI ESSERE USATA COME ALIBI, NON SARÀ CHE SEI TU AD AVER PAURA DI USCIRE DI CASA?