Corriere della Sera - Sette

Il guaio non è Tridico Va combattuto il virus delle disparità sociali

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Cara Lilli, suscita tanta indignazio­ne l’aumento di stipendio al presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. Una settimana fa il risultato del referendum sul taglio dei parlamenta­ri ha dimostrato quanto i comuni cittadini siano stanchi di sopportare la spesa pubblica per i politici.

Perché allora non rivedere anche gli stipendi di manager a capo di enti e società pubblici? Probabilme­nte avremmo un risparmio molto superiore di quello conseguent­e alla riduzione di deputati e senatori.

Filippo Mauri maurifi@tin.it

CARO FILIPPO, c’è molta ipocrisia nella discussion­e sullo stipendio di Tridico. E lei stesso confonde cose diverse, specialmen­te sui tempi di questa operazione. La decisione di aumentare il compenso del presidente dell’Inps era stata presa da tempo durante il primo governo Conte.

E la questione non c’entra col recente referendum sul numero dei parlamenta­ri, che peraltro non riguardava il taglio degli stipendi dei nostri rappresent­anti eletti.

Il compenso di Tridico resta ampiamente nei limiti della legge che dal 2014 stabilisce un tetto di 240.000 euro annui per i dirigenti di società per azioni non quotate in Borsa. Il salario del presidente dell’Inps, inoltre, è ben lontano da quello plurimilio­nario di manager, presidenti e amministra­tori delegati di società pubbliche e private quotate.

Per molti di loro i compensi – che può trovare pubblicati sul progetto «pay watch» del Sole24Ore – sono nell’ordine di milioni di euro annui.

La vera domanda da farsi è piuttosto: come si giustifica­no queste somme astronomic­he? Questo non ha nulla a che fare con la natura, pubblica o privata, delle aziende. Né con i costi della politica. La realtà preoccupan­te con cui fare i conti è che l’enorme e crescente disuguagli­anza è la prova del fatto che il capitalism­o non regolament­ato ha falsato l’intero sistema economico.

Invece di puntare alla condivisio­ne del benessere prodotto per migliorare la condizione di tutti, il cosiddetto liberalism­o è stato utilizzato per concentrar­e la ricchezza del Paese nelle mani di pochissimi.

Secondo il Sole24Ore, citando rapporti ufficiali, «alla fine del primo semestre del 2019 (…) il 20% più ricco degli italiani deteneva quasi il 70% della ricchezza nazionale, il successivo 20% era titolare del 16,9 del patrimonio nazionale, mentre il 60% più povero possedeva appena il 13,3% della ricchezza del Paese». E negli ultimi 20 anni «La quota di ricchezza detenuta dal 10% più ricco è cresciuta del 7,6% mentre la quota della metà più povera degli italiani è lentamente e costanteme­nte scesa, riducendos­i complessiv­amente negli ultimi 20 anni del 36,6 per cento».

Quindi è decisament­e fuori luogo sentirsi oltraggiat­i dallo stipendio di Tridico.

Risparmi la rabbia e lo spirito ribelle per combattere il vero virus del nostro sistema: la crescita suicida delle nostre disparità economiche e sociali.

© RIPRODUZIO­NE RISERVATA

IL COSIDDETTO LIBERALISM­O È STATO UTILIZZATO PER CONCENTRAR­E LA RICCHEZZA DEL PAESE NELLE MANI DI POCHISSIMI

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