L’arte (marziale) dell’insulto
La tesi di Domaneschi è che «se a ogni occasione l’impulso al conflitto, la brama di ledere chi consideriamo ostile, si traducesse in violenza fisica e percosse, non vi è dubbio che avremmo ben poche possibilità di sopravvivere a lungo nel mondo là fuori. Fin dagli albori della civiltà, gli esseri umani hanno fatto propria la capacità di procrastinare lo scontro fisico. Offese, improperi, denigrazioni e ingiurie sono armi proprie di ogni lingua, per mezzo delle quali gli esseri dotati di linguaggio si scontrano, ferendosi violentemente a vicenda senza però versare una sola goccia di sangue».
Gli insulti rappresentano «un fenomeno deplorevole e maleodorante» e sono convinto che i peggiori siano quelli degli intellettuali.
Con che coraggio uno giustifica oggi gli insulti, quando in tv l’insulto è diventato una sorta di rituale condiviso, una routine? Con che coraggio si lancia un grido di vendetta in difesa dell’insulto,
Vive della loro immaginazione. Si è sempre pensato che la contumelia fosse attributo di categorie in via d’estinzione (lavandaie, carrettieri, scaricatori di porto ecc.) ed è vero: il linguaggio popolare è pieno di «vaffa» di «mortacci tua »ma sono «vaffa» per così dire di routine, di cui spesso si ignora se non la portata almeno il significato profondo. La persona “che ha studiato” invece non solo insulta volentieri ma insulta con cognizione di causa, sceglie con cura le parole, offende con insospettabile volgarità. Per fortuna, poi, non passa alle vie di fatto.