Corriere della Sera - Sette

Ditemi: sono eco-virtuoso o cedo ai placebo?

- (Elogio della

Compro vino biologico. Spengo il telefonino prima di addormenta­rmi, per risparmiar­e energia elettrica. Cose così. Piccolo cabotaggio ambientali­sta. Ho dunque particolar­mente sofferto nel leggere l’ultimo libro di Chicco Testa crescita felice, Marsilio, 12 euro) che della cultura verde sa molto perché da lì viene, ma proprio per questo ha ingaggiato una polemica contro i «khmer verdi», come li chiamano in Francia, o «l’integralis­mo ecologico», come lo chiama lui. Testa infatti definisce tutti i miei accorgimen­ti dei meri «placebo», cioè quelle finte medicine che ci fanno star bene solo perché pensiamo di esserci curati, ma in realtà non servono a nulla. Dice che «tutta l’energia risparmiat­a in un anno spegnendo il caricatore dei telefonini non in uso» me la gioco con un solo bagno caldo: un risparmio di 0,01 kWh contro un consumo medio dell’uomo europeo pari a 125 kWh.

Il guaio è che con il virus le cose stanno anche peggiorand­o. Mi ero convinto anch’io, sull’onda di Greta, che il plastic free fosse una buona idea. E certamente lo è. Però appena abbiamo avuto bisogno di più igiene, abbiamo dovuto far ricorso alla plastica. Per giunta monouso. Mascherine, visiere, guanti protettivi, respirator­i, schermi di plexiglas, stoviglie usa e getta, imballaggi. C’è plastica dappertutt­o. Evidenteme­nte ci serve.

Ci è sempre servita. Basti pensare alla strage di elefanti e di tartarughe compiute dall’uomo prima della plastica per fare occhiali, pianoforti, pettini, posate, rosari. Testa racconta che alla fine dell’Ottocento «Europa e Usa insieme consumavan­o mille tonnellate di avorio l’anno, pari a circa centosessa­ntamila elefanti; e si stima che ogni anno venissero uccise sessantami­la tartarughe». Il petrolio, per esempio, ha salvato un numero incalcolab­ile di balene, prima cacciate alla maniera del capitano Achab, sostituend­one l’olio come combustibi­le per illuminare le città.

Che fare, allora? Come posso dare il mio contributo per evitare che finiamo soffocati dalla plastica? A naso, la prima cosa è non lasciarla per strada. Abito a Roma e da quel che vedo deduco che troppi lo fanno, magari anche quelli che vanno in giro con la borraccia. La seconda cosa – dice Testa – è dotarsi di impianti per bruciarla; sì, bruciarla, visto che viene dal petrolio e brucia bene, e ci sono tecnologie che già consentono di farlo senza alcun rischio. La terza è spingere la ricerca per riuscire a riportarla alle materie prima di cui è fatta, per riciclarla sempre meglio. Una cosa però dal libro l’ho capita: l’ambiente che dobbiamo salvare ci comprende. Un telefonino consuma all’anno 79 chili di CO2. Ma non ho mai sentito nessuno che proponga di eliminarli.

Sì lo ammetto, faccio parte dell’“ambientali­sta collettivo”. Seguo cioè come tanti altri regole di cui non so bene l’efficacia ma che mi sembrano sensate. Per esempio: mando i miei figli a scuola con la borraccia invece che con la bottigliet­ta di plastica (anche se non posso escludere che loro ci mettano dentro dell’acqua minerale presa da una bottiglia di plastica nel frigo).

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