IL GIARDINO COLTIVA NOI
una consapevolezza acquisita durante il lockdown, quando abbiamo vissuto come piante in un vaso: il verde ha un potere terapeutico sulle nostre vite, non è solo ornamento. Lo aveva capito anche Voltaire, padre dell’illuminismo francese. Che, però, è stato frainteso
È
Cimiteriale. Cupo. Sovietico. Gli osservatori non ci sono certo andati leggeri, commentando il giardino delle rose della Casa Bianca da poco rimodernato da Melania Trump. Si sarebbe tentati di liquidare la cosa come una semplice questione di gusti, ma forse a ben guardare c’è qualcosa in più. Dopo i fasti di Michelle Obama, ritratta spesso con le mani nella terra intenta a coltivare l’orto o a curare personalmente il giardino. Dopo l’esempio offerto da Jacqueline Kennedy e da plotoni di star, da Julia Roberts a Oprah Winfrey, da Nicole Kidman a Sting per non parlare del principe Carlo d’Inghilterra, che ha trasformato il giardinaggio in una missione, occupandosi non solo del giardino ma della coltivazione di prodotti biologici e della conservazione di numerose specie rare. Dopo tutte le campagne informative e gli studi che ci dicono quanto sia importante il verde e quanto bene ci faccia occuparcene, forse quel che a Melania non si riesce proprio a perdonare è l’aver ridotto le piante del giardino adiacente allo studio ovale a puro ornamento, a carta da parati per le conferenze stampa che suo marito il presidente degli Stati Uniti d’America tiene sempre più spesso all’aperto per via dell’emergenza covid-19. Per la first lady, nessun rapporto con fiori radici e foglie. Nemmeno una piccola vangatina, un colpetto di
forbice o un seme accompagnato gentilmente nel solco. Con i vestiti impeccabilmente puliti e neanche un briciolo di terra su una scarpa, Melania si è presa solo il tempo di impartire ai giardinieri l’ordine di realizzare il nuovo progetto, nato sul tavolo da disegno di un rinomato architetto.
L’idea era certamente quella di costruire un bel giardino, ma da qualche parte, dentro di noi, qualcosa ormai si ribella all’idea che le piante vengano ancora trattate come semplici scenografie vegetali. È una nuova consapevolezza, acquisita durante il lockdown: il verde è un bene prezioso e la sua presenza ci è assolutamente necessaria, ma non solo. Stare in un bosco rasserena e annusarne i profumi ancora di più, senza contare che le sostanze volatili emesse dagli alberi, se vengono inalate a lungo, pare possano curare varie malattie. Se il bosco è distante, è possibile sperimentare qualcosa di simile in un bel parco cittadino o sdraiandosi in un praticello, ma la pura contemplazione non è abbastanza e l’ideale è proprio... fare giardinaggio, un vero toccasana per la salute fisica e mentale. Sempre più ricerche dimostrano infatti che begonie e gerani, rose e ciclamini ci aiutano a vivere meglio e i puristi spero non me ne vorranno se insieme alle piante che possiamo coltivare facilmente in terrazza
metto anche rosmarino, zucchine, pomodori e tutto quello che di commestibile si può crescere in vasi e piccoli appezzamenti di terra, perché la cura dell’orto, quando parliamo di benefici per la salute, è altrettanto importante di quella del giardino e in questo caso fare di tutta l’erba un fascio è del tutto lecito.
Meglio della palestra
Le piante, per loro natura e per tutti i benefici indiretti che ci portano, sono quindi tutt’altro che cimiteriali. E qui torniamo alla Casa Bianca: chi con quella quantità di spazio e mezzi a disposizione non riesce a vedere in loro che semplici ornamenti, più che il nostro biasimo merita forse un piccolo pensiero triste.
Sensibili, intelligenti, capaci di imparare e memorizzare, le piante sono esseri viventi straordinari e occuparci di loro è molto più che mettere in ordine dei soprammobili. Dati scientifici alla mano, al contrario, il giardinaggio regala straordinari benefici, fisici e mentali. Talmente tanti che si stenta persino a credere che un’attività così semplice e piacevole possa avere tutte queste indicazioni positive. Il segreto sta nella combinazione tra attività fisica e interazione sociale (nel caso di orti o giardini condivisi), esposizione alla luce solare e alimentazione più sana. La luce del sole abbassa la pressione del sangue e aumenta i livelli di vitamina D, lavorare in giardino aumenta la destrezza e migliora la mobilità fine delle mani, è un buon esercizio aerobico e rafforza il tono muscolare al punto che un’ora di giardinaggio, soprattutto se dedicata a lavori intensi come zappare, travasare o seminare, porta facilmente a bruciare lo stesso numero di calorie di un’ora di palestra. Non solo: alcuni anni fa una ricerca ha dimostrato una positiva correlazione tra le attività a contatto con le piante e il ritardo nell’insorgenza di sintomi di demenza senile e i pazienti in fase di recupero da infarto e altre patologie cardiache reagiscono meglio ai lavori a contatto con la terra che agli esercizi in palestra.
Il giardinaggio ci mantiene giovani perché proietta in avanti i nostri sogni e le nostre ambizioni: se abbiamo seminato, desideriamo vedere il germoglio che spunterà dalla terra, il fiore che sboccerà o il frutto che diventerà maturo, e così via di stagione in stagione nel ciclo senza fine della vita. Mentre lo coltiviamo, il nostro giardino coltiva noi, ci insegna a rispettare i tempi della natura, a programmare le nostre azioni, ad essere umili dato che non tutto è sotto il nostro controllo, a non perdere le speranze considerato che anche quando tutto sembra perduto le piante hanno sempre la capacità di sorprenderci. I veri giardinieri non lavorano solo perché le loro creazioni siano ammirate o per costruire il più bel giardino possibile, ma
con gli altri animali: quello di stare con loro.
Conosciamo da tempo gli effetti positivi del verde: anche se le ricerche scientifiche in merito risalgono in maggioranza agli ultimi dieciventi anni, da secoli costruiamo giardini negli ospedali, nei monasteri e in vari luoghi di reclusione, oltre che in scuole e università. Stare tra le piante aiuta a guarire prima, a concentrarsi e a riflettere ma il vero toccasana è proprio mettere le mani nella terra e tra le foglie, infilare un paio di guanti e munirsi di qualche semplice attrezzo dedicandosi a zappettare, travasare, raccogliere o seminare.
La pensava così anche Voltaire, che ha messo questa riflessione in bocca al protagonista di Candido, o l’ottimismo (1759). Alla fine del romanzo, uno dei più noti dell’Illuminismo francese, il giovane Candido dice proprio: «Bisogna coltivare il nostro giardino». Curiosamente, interpretando il pensiero dell’autore, molti si sono convinti che quella di Voltaire fosse una metafora e che il filosofo volesse invitarci all’esercizio della ragione invece che a quello della vanga e delle forbici. Secondo costoro il «giardino» al quale si riferiva Candido sarebbe dunque in realtà uno spazio interiore, niente a che vedere con le piante. Rileggendo le ultime pagine del romanzo è facile però convincersi che le cose non stanno affatto così. Candido invita a seguire l’esempio offerto da un «buon vecchio» che coltiva la sua terra e che da essa trae tutto ciò di cui ha bisogno per sopravvivere ed essere sereno. «Il lavoro ci salva da tre mali grandissimi: noia, vizio e bisogno», dice il vecchio, e il lavoro al quale si riferisce è proprio quello di curare le piante. Quello dell’Eden, dopo tutto, non era forse un meraviglioso giardino?