«IL MIO ATTIMO PRIMA DI CADERE»
mi ha sempre mosso il demone della creatività a tutti i costi. Modelli di psicoterapia, figli, storie a fumetti, tutto finalizzato a dire: ehi, ho fatto qualcosa che non c’era prima, ho lasciato un segno. E non serve vincere sempre: mi piace il gusto dello stare in partita. Poi mia moglie si ammala e muore. Allora ti chiedi: quali sono le regole dell’esistenza? Hai due figli che cresci da solo: il secondo, quando è morta la madre, aveva solo tre anni e mezzo. Adesso che di anni ne ho 55, sto provando a rifare daccapo i conti e la sensazione, pur con tutte le piccole angosce e i problemi quotidiani, è che sono abbastanza in pace con me stesso, sto facendo quello che volevo. Penso che tutto questo abbia molto a che fare anche con il perdono di sé».
In mezzo, fra il tonfo e la risalita, c’è un lungo percorso che Dimaggio racconta in Un attimo prima di cadere (Raffaello Cortina), avventura umana e professionale di uno psicoterapeuta che si interroga sulla psicoterapia, biografia e insieme saggio, un particolarissimo mix: fra la sua storia di dolore e l’evoluzione delle tecniche di cura — muovendosi scaltro e curioso fra dibattiti, scuole, tendenze degli ultimi decenni —, terapia sul dialogo e trascuravano di agire sul corpo. Altre forme di psicoterapia agivano sul corpo, ma erano basate su teorie sconclusionate», scrive. Serve una nuova sintesi, perché i segnali corporei influenzano tutto: cognizione, ragionamento, capacità di superare frustrazione e dolore psichico. Modificare il corpo per sanare la mente. E tutto questo — ultima tappa del suo personale percorso di ricerca — finisce per avere un nome: rivoluzione esperienziale. «Era il 2016 e la rivoluzione esperienziale mi era arrivata addosso», scrive Dimaggio «con la potenza di un vulcano. Ormai era mia».
Se il corpo è la chiave, Dimaggio usa le storie dei suoi pazienti (non si capisce quanto vere e quanto immaginarie) per dare un corpo anche alla pagina. Eccone una: ragazza sui trent’anni, con una madre punitiva, una di quelle che non appena la figlia accenna a essere allegra, vitale, appena prova a uscire con le amiche, dice sempre le stesse cose: ma dove credi di andare, con quel vestito stai da schifo. «La vecchia psicoterapia cercherebbe di agire solo sulla dimensione cognitiva della ragazza e sulle sue emozioni, per farle capire