RIFLESSIONE SUI CONFINI QUANTA SOMIGLIANZA C’È TRA UOMINI E BOSCHI
“Io cammino da solo. Il mio cuore è colmo. I sentimenti sovrastano la corrente dei miei pensieri. E sono sempre pronto ad accogliere un amico”. Degli appunti di Henry David Thoreau nei diari, questo racchiude il senso del camminare per boschi. La solitudine, i sentimenti e i pensieri che si accordano in una nuova postura, ma anche l’accoglienza dell’Altro, che si porta appresso l’idea gemella dello sconfinamento in territori ignoti. Nei boschi corrono linee invisibili che determinano inclusi ed esclusi, frontiere che spesso non hanno nulla di naturale e sono state costruite dall’uomo per controllare e separare. Le foreste percorse con animo romantico nell’ora più assolata diventano di notte linee di attraversamenti rischiosi. Il bosco fa quello che può: non chiede documenti, non fa differenza tra chi viene da un lato o dall’altro. Qui valgono le antiche regole dell’offrire aiuto, condividere una manciata di frutta secca e un sorso dalla borraccia, salutarsi sempre nella lingua dell’altro. A volte salvare una vita.
Le frontiere che attraversano i boschi ci insegnano qualcosa di importante: possiamo percorrere intere nazioni senza scorgere la minima differenza, gli alberi e le foglie sono identiche da un lato e dall’altro. Spesso c’è più affinità tra boschi limitrofi di nazioni straniere che tra quelli di una stessa regione. E nasce il dubbio che ciò valga non solo per gli alberi, ma anche per gli uomini.
In tempi di velocità globali e paure di non farcela a tenere il passo, di confini caduti e muri alzati, questo libero camminare ci riporta all’esperienza di un confine perennemente varcato e rispettato, portatore di un’alterità che non fa paura ma risveglia curiosità. E chiede uno sforzo di conoscenza, un pensiero riflessivo che nasce nell’accordo di silenzio e solitudine, un accordo a cui il camminare nel bosco ci allena senza paura.