Corriere della Sera - Sette

PESCE SÌ, UOVA NO È LA FRITTATA DI SCAMMARO

- Di ANGELA FRENDA foto di LAURA SPINELLI

Una frittata senza uova. Detto così potrebbe sembrare quasi una provocazio­ne. E invece esiste davvero, ed è uno storico piatto di recupero, che si fa appunto con quel che c’è nel frigo. La ricetta che vi propongo oggi è infatti la frittata di scammaro, piatto poverissim­o della cucina napoletana. Il procedimen­to prevede che la pasta venga insaporita con olive, frutta secca e pesce. A volte anche con uvetta. E l’obiettivo dichiarato è ottenere qualcosa che raggiunga la consistenz­a della frittata, pur in assenza di uova sbattute. A ideare la ricetta fu don Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino (gastronomo della cucina napoletana) che la pubblicò nella sua Cucina teorico pratica. Si dice che il duca avesse elaborato questa ricetta su richiesta di alcuni monaci, che erano in cerca di una pietanza da servire nei conventi in tempo di Quaresima, quando c’era l’obbligo di mangiare di magro. Fu così che il Cavalcanti diede vita a questa frittata di pasta che permetteva di soddisfare il palato senza infrangere il voto di non consumare proteine animali a eccezione di quelle del pesce (la Chiesa cattolica non considerav­a carne quella dei pesci). In tempo di Quaresima, infatti, solo ai monaci che avevano problemi di salute era permesso mangiare carne, che consumavan­o nella loro camera, che in dialetto napoletano si chiama “cammera”. “Cammerare”, dunque, divenne sinonimo di “mangiare grasso”, mentre “scammerare” indicava il “mangiare di magro”.

In diverse famiglie napoletane è ancora diffusa l’usanza, specialmen­te nei quaranta giorni che precedono la Pasqua, di preparare questo piatto molto semplice, che ha solo i tempi di cottura più lunghi della versione tradiziona­le.

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