Corriere della Sera - Sette

C’È LA ROMAGNA PIÙ AUTENTICA NELLE BOTTIGLIE DEI FRATELLI LORENZI

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«Il nostro lockdown durante i mesi più duri della pandemia? Siamo tornati alle origini. Mia madre, che abbiamo soprannomi­nato la Amazon degli anni 70, ci mandava a vendere porta a porta il nostro vino. Siamo tornati a farlo, come decenni fa. Abbiamo rifornito di bottiglie la provincia di Rimini, in poche ore, alla temperatur­a corretta». Davide e Massimo Lorenzi sono due ragazzi sempre sorridenti e pronti a intonare Romagna mia. Sono alla guida della cantina Enio Ottaviani, a San Clemente, in Romagna. Con Luca Gardini li abbiamo scelti come i giovani vignaioli dell’anno per la guida I 100 migliori vini e vignaioli d’Italia edizione 2021 (in edicola con il Corriere della Sera, a 12,90 euro oltre al costo del quotidiano). Il volume, che si pubblica dal 2013, contiene le storie di piccoli artigiani e grandi imprendito­ri, con in comune la passione per la loro terra. C’è poi una classifica di 100 vini tra quelli sul mercato italiano, con il punteggio assegnato da Gardini. La guida è stata presentata alla fine di settembre in una Sala Buzzati, al Corriere, insolitame­nte deserta, con i premiati e gli altri produttori in collegamen­to virtuale.

Quella dei Lorenzi è una piccola azienda di 12 ettari, con 150 mila bottiglie prodotte ogni anno. Il nome è quello del nonno, il fondatore, 60 anni fa. Assieme a Davide e Massimo ci sono i cugini Milena e Marco Tonelli. Una decina di anni fa la decisione dei quattro ragazzi di mettersi al timone e di creare i loro vini. «Noi siamo cresciuti a grappoli di uva e Romagna autentica», raccontano. Lo si avverte nei loro vini: come il Caciara, un allegro Sangiovese ricco di sapore. O lo scattante Pagadebit, da uve Bombino bianco. In poco tempo sono riusciti a esportare in 40 Paesi. «Il segreto? Metterci passione. Crediamo nel nostro istinto e siamo convinti che le vigne sentano l’amore che noi vignaioli diamo alle piante», spiega Davide. «Siamo nell’Oasi faunistica del Conca, il terreno è franco-argilloso, così i bianchi riescono a mantenere freschezza e gradazioni leggere, non più di 12,5 gradi. E questo facilita il sorso». Il resto, spiegano i fratelli, lo fa il lavoro in cantina, «che è gioia e sacrificio. Bisogna saper ascoltare la terra e avere il cervello nelle mani, nel palato e nel cuore».

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