Se la tua azienda mette la playlist (da lavoro) su Spotify
Il ritmo di oppure il relax di
Dipende dal momento della nostra smart-giornata: se è l’ora di pranzo, ci concediamo la pausa ascoltando la musica che ci dice quando la pasta è cotta (al dente); se invece – finita l’ennesima riunione a video – dobbiamo concentrarci su un progetto, meglio il “rumore bianco” di mattoncini Lego che si incastrano. Le playlist, una volta rifugio dei pendolari o compagne di studio per i ragazzi, sono diventate la colonna sonora delle nostre infinite giornate di telelavoro. Avere l’abbonamento a uno dei servizi di musica in streaming è diventato uno di quei beni “necessari” in epoca di lockdown, la musica da piacere per le orecchie si trasforma in amichevole collega di lavoro nella nostra personale casa-ufficio. Ce ne siamo accorti noi smart worker, se ne sono accorte le aziende. Che per venirci a prendere dove ci troviamo sono sbarcate su Spotify. Nei due esempi che abbiamo fatto, accade con Barilla che propone canzonitimer a seconda del tipo di pasta (del marchio, s’intende) che stiamo cuocendo, e con Lego che ha creato musica da meditazione-concentrazione basata sui diversi suoni che possono produrre i mattoncini. Marketing creativo da pandemia.
Ma ora servono modelli stabili. Prendiamo le premialità e i meccanismi di carriera. Per chi lavora da casa gli straordinari non esistono e non sono retribuiti. Bisogna “inventare” sistemi per selezionare e premiare chi può aiutare l’azienda a crescere».
Nell’immediato la prima urgenza è ricompattare i legami e le relazioni interne all’organizzazione. «Parlando di carriera, lo smartworking dovrebbe essere meritocratico per definizione visto che la valutazione delle persone si basa sui risultati e non sul tempo. In realtà non è tutto così scontato», avverte la sociologa del lavoro della Cattolica di Milano Ivana Pais. «Per cominciare il rischio è che si rafforzino le lobby interne che funzionano più in base a simpatie e legami amicali che in base al merito. Altro rischio è il fatto che i processi di controllo siano demandati ai feedback dei clienti. Feedback che per mille motivi non sono sempre oggettivi».
Per fare fronte all’emergenza qualche iniziativa comincia a nascere dal basso, come il servizio di consulenza psicologica attivato dal sindacato Cisl delle telecomunicazioni, la Fistel, insieme con la start up Doctor now. È possibile correre ai ripari? «Sicuramente sì e molti lo stanno facendo», conclude Pais. «Tutto sommato i contraccolpi che si vivono ora all’interno delle aziende erano da metter in conto. Non è un caso per esempio se le web radio aziendali stanno avendo un boom, come la sostituzione del caffè alla macchinetta con appuntamenti fissi giornalieri su Zoom. Non è la stessa cosa. Ma di certo aiuta».