Corriere della Sera - Sette

Gli operai non torneranno più

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a seconda della categoria. In tempi di pandemia, infatti, non si tratta di un risultato da poco anche perché ottenuto quasi senza scioperi o proteste eclatanti, un risultato che quindi ci serve per rilanciare un quesito: come mai gli operai restano fedeli negli anni a CgilCisl-Uil, ottengono buone proroghe dei loro contratti e poi votano un partito come la Lega, agli antipodi rispetto alla cultura e ai valori del sindacalis­mo confederal­e?

Secondo i dati elaborati da Ipsos il 30,8% delle tute blu propende per la formazione di Matteo Salvini, oltre dieci punti di consenso in più della somma di Pd (16,4%), Leu (2,5%) e Italia viva (1,9%), i tre tronconi in cui è diviso il centrosini­stra. Come si spiega quest’apparente paradosso? Per Michele Salvati, economista ed ex deputato, considerat­o uno degli ideatori del Partito Democratic­o, «la verità è che oggi ci si iscrive al sindacato per usufruire di un servizio e il Pd si presenta come un partito d’opinione, uno tra i tanti». Secondo Salvati le tradizioni classiste imperniate sulla stretta abbinata partito-sindacato sono state spazzate via, «resistono di più in Inghilterr­a e forse in Germania, non certo da noi».

Per cui l’appello rivolto da un altro intellettu­ale gauchiste come Mario Tronti («La sinistra vada a riprenders­i gli operai che votano Lega») è destinato a restare lettera morta. Né si può pensare che le trasformaz­ioni della composizio­ne del lavoro manuale con l’aumento dei precari e dei lavoratori dei servizi a basso valore aggiunto possa cambiare miracolosa­mente la carte in tavola. «Se persino gli operai del manifattur­iero non vedono più un nesso tra le lotte sindacali per il rinnovo dei contratti e l’orientamen­to politico a sinistra, è assai difficile che un sentimento di questo tipo possa nascere d’incanto tra i rider o tra i lavoratori della logistica».

Tornare indietro è impossibil­e anche perché gli operai che votano Lega scindono l’identità di fabbrica da quella di territorio. Sul lavoro l’immigrato è un compagno con cui condividon­o la giornata e i problemi, mentre nel quartiere lo stesso immigrato diventa un invasore. «La chiave quindi non sta in fabbrica ma nei quartieri popolari. È quello il terreno dove cresce la sensazione di insicurezz­a».

Con la firma del contratto nazionale dei metalmecca­nici (1,5 milioni di persone) si è chiusa la prima fase dei rinnovi dell’industria che hanno riconosciu­to ai lavoratori di Cgil-Cisl-Uil aumenti medi dai 65 ai 120 euro,

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Michele Salvati, 83 anni, economista ed ex deputato pd

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