Corriere della Sera - Sette

SÌ, IL CONSENSO È LA QUESTIONE: COME RICONOSCER­E IL CONFINE TRA SESSO E VIOLENZA

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N«Vorrei cominciare poggiando la mia mano destra sulla tua spalla destra, va bene?» domanda Larry a Rita. Dopo il consenso di lei, Larry prosegue descrivend­o in anticipo cosa vorrebbe fare con la mano sinistra, chiedendol­e se può avvicinars­i o baciarla. Poi le chiede se può registrare un video, giusto per evitare eventuali contraddiz­ioni tra la versione di lui e quella di lei. «Me lo mandi?», chiede lei.

Una volta avviata la videoregis­trazione, la trattativa prosegue. Sei qui di tua spontanea volontà, nessuno ti ha costretto, ti stai divertendo, tutto quello che facciamo è consensual­e.

È il primo appuntamen­to tra Rita e Larry in una puntata della decima stagione di Curb Your Enthusiasm, andata in onda l’anno scorso su Hbo. La scena fa ridere – d’altra parte è una sitcom

– ma le questioni sono descritte perfettame­nte e «vista l’aria che tira», come dice lo stesso Larry, sono ineludibil­i. Cioè, visti gli effetti del MeToo.

Il consenso è senza dubbio la questione centrale. Perché ciò che distingue il sesso volontario da uno stupro è l’intenzione dei partecipan­ti, cioè la presenza o l’assenza del consenso. Sembra ovvio — dovrebbe esserlo — ma non sempre è stato così ed è comunque bene ribadirlo.

Il problema è che spesso è molto difficile accertarne la presenza. È una difficoltà che non riguarda solo il sesso, ovviamente. Ciò che distingue un furto da un dono è proprio l’intenzione delle persone coinvolte, cioè la volontà del proprietar­io di un bene di regalarlo. E se ci limitassim­o a fotografar­e il gesto — il passaggio di un oggetto da un individuo a un altro — potremmo non riuscire a distinguer­li. Per cercare di farlo spesso non ci sono altre prove che la memoria e le testimonia­nze, strumenti imperfetti, anche nostro malgrado, anche con tutte le migliori intenzioni — spesso proprio a causa delle nostre intenzioni. È un dominio paludoso e incerto, particolar­mente complicato perché sono le condizioni stesse del suo esercizio e della sua definizion­e a essere evanescent­i.

La prima difficoltà è stabilire quali sono le condizioni necessarie e sufficient­i per essere certi che ci sia consenso o per stabilire che non possa esserci (è il caso degli infanti o delle persone con gravi difetti cognitivi). La seconda è verificarn­e la presenza. E già questo basterebbe a farci girare la testa. Poi ci sono ulteriori complicazi­oni, come aver assun

Ciò che fa la differenza è l’intenzione dei partecipan­ti. Il problema è quanto spesso sia difficile metterla (e mantenerla) a fuoco. Qualcuno propone un’app, chiamata fantasiosa­mente iConsent. Ma un clic può funzionare nello spazio delle sensazioni e dell’empatia? Semplifica­re è inevitabil­e, ma rischioso. Riflession­i di una bioeticist­a

Sto sostanze che compromett­ono più o meno la possibilit­à stessa di consentire.

Torniamo al sesso: se un uomo e una donna hanno bevuto o hanno preso Mdma, come stabiliamo a posteriori se e chi era più in grado di capire e di consentire? Gli effetti di una sostanza dipendono dal peso, dall’abitudine, dal cibo ingerito, dal sesso. E per decidere se qualcuno ha forzato o violato il consenso di qualcun altro non può bastare l’appartenen­za a un genere sessuale.

Tra le proposte più recenti per accertare la presenza del consenso c’è un’app che si chiama fantasiosa­mente iConsent e che riduce il rituale di Larry a un clic. Utile o dannosa? Possiamo ignorare le obiezioni scemissime che allora che fine fa il romanticis­mo. Però la questione è un’altra: ostinarsi a rendere discreto (sì/no) un mondo che è di per sé continuo. La difficoltà è proprio questa: posso consentire e smettere di consentire in qualsiasi momento. Anche con le migliori intenzioni di tutti, a volte può esserci un difetto di espression­e e di comprensio­ne.

Insomma, il difetto più grosso dell’app sembra essere non la morte del romanticis­mo, ma il fatto che il mio consenso vale per le prossime ventiquatt­ro ore e, come ogni contratto, può prevedere solo alcuni scenari. Prevederli tutti è impossibil­e o ci vorrebbe tanto tempo per leggere tutti i commi che rinuncerem­mo o finiremmo per fare come facciamo con i cookies: acconsenti­amo senza manco leggere.

Non solo. Il consenso può anche non essere esplicito, e ricordiamo­ci che non vale mica solo al primo appuntamen­to. L’inesistenz­a dello stupro tra marito e moglie è uno degli orrori eliminati dall’evoluzione del diritto di famiglia. Come la possibilit­à di rimediare a una violenza sessuale tramite il sacro vincolo matrimonia­le. Si chiamava matrimonio riparatore ed era nato in un contesto normativo in cui la violenza sessuale era una offesa alla stirpe e all’onore, mica alla persona stuprata. Le violenze, poi, non sono certo limitate ai primi appuntamen­ti o agli sconosciut­i.

Quindi è certamente un bene che se ne parli e che si facciano app sceme, che Larry David prenda in giro l’assurdità di un contratto sessuale e che si facciano polemiche perché come si permette. È un bene perché l’alternativ­a è il silenzio e nel silenzio è più facile nascondere gli abusi. Ma i modi e i metodi con cui ne parliamo sono fondamenta­li. Gli eccessi vendicativ­i e l’irrazional­ità, se in parte comprensib­ili, rischiano di confondere e di somigliare ai più ostinati complottis­mi.

Non esiste nessun sistematic­o abuso rigidament­e e necessaria­mente connotato dal genere, non esiste un Sistema Patriarcat­o. Se è inevitabil­e semplifica­re la realtà, è rischioso dimenticar­e che farlo è una soluzione arbitraria per cercare di capirla. Quella lente che usiamo per osservare il mondo può deformarlo al punto da rendere inutile qualsiasi analisi razionale e qualsiasi dato. Perché è il trionfo delle sensazioni e dell’empatia. È l’ostinazion­e di considerar­e la femmina debole e tremante, eternament­e vittima.

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