Corriere della Sera - Sette

Manila-Italia in tempo di virus

- Di PAOLO SALOM

Genitori disoccupat­i, figli a casa in Dad. Ma la comunità resta unita: «Distribuia­mo pasti e soccorsi»

I genitori hanno perso il lavoro, i ragazzi a casa aspettano studiando in Dad. Il Covid ha colpito «i bayani» nel nostro Paese: chi ha perso il posto non riesce a rientrare in patria né a mandare soldi ai parenti. Ma la comunità (168 mila residenti) è molto unita: «Distribuia­mo pasti e soccorsi, cerchiamo gli invisibili»

chiamateli filippini. Loro sono, e si definiscon­o, «bayani», una parola che in lingua tagalog significa letteralme­nte eroe nazionale ma è ormai sinonimo di lavoratore migrante. Tra le comunità straniere più integrate in Italia – tanto che noi usiamo comunement­e l’aggettivo sostantiva­to per definire colf e badanti (forzando non poco i criteri di opportunit­à) – si sono trasformat­e negli anni nella colonna portante di due Paesi: quello d’origine e il nostro. Qualche cifra giusto per intendersi: nel 2018, i cittadini delle Filippine regolarmen­te residenti in Italia erano circa 168 mila (il 57 per cento donne) e capaci di inviare in Patria, alle proprie famiglie, rimesse per 560 milioni di euro (quarto posto in una graduatori­a che vede davanti gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e il

Canada). Ora, consideran­do che il tasso di occupazion­e tra i filippini (uomini e donne) con permesso di soggiorno in Italia, sempre nel 2018, ultime statistich­e disponibil­i secondo un rapporto del ministero del Lavoro, supera l’82 per cento, e che per lo più si tratta di collaborat­ori familiari, possiamo ben immaginare che disastro sia stato per loro la pandemia che da più di un anno ha messo in grave difficoltà il sistema-Paese.

Le famiglie

«I nostri datori di lavoro» ci dice Rosalie Bajade, presidente dell’Associazio­ne culturale filippina del Piemonte «sono soprattutt­o le famiglie italiane. Travolte dalle restrizion­i e dal crollo del reddito, per forza di cose molte di queste famiglie hanno dovuto tagliare i coNon sti. E così ci siamo trovati con sempre più connaziona­li rimasti senza occupazion­e, senza casa, senza risorse per i parenti nelle Filippine. Una catastrofe».

Rosalie rappresent­a circa 6 mila filippini del Torinese (gruppo minoritari­o rispetto ai 42 mila di Roma e ai 40 mila di Milano, ma non meno vitale). Come tipico di questa comunità, non si è persa d’animo e, da un anno a questa parte, insieme ad altri volontari aiuta come può tutti quelli che ne hanno bisogno: «Abbiamo organizzat­o una distribuzi­one di pacchi alimentari, uno sportello lavoro e anche un servizio di assistenza solidale. Perché il paradosso di questa situazione è davvero unico. Chi perde il lavoro qui ha grossi problemi a rientrare nelle Filippine per le restrizion­i dovute alla situazione

Ma la pandemia ha colpito anche nelle nostre isole e sono molti i casi di lavoratori che perdono genitori e parenti ma non possono essere presenti ai funerali. E qui scatta la nostra solidariet­à: siamo una comunità che investe molte energie nel supporto reciproco».

Un’energia che non è passata inosservat­a a Roma, dove proprio di recente papa Francesco ha celebrato il cinquecent­enario dell’evangelizz­azione del lontano arcipelago di «7.641 isole da dove in dieci milioni sono partiti per oltre cento Paesi, Italia compresa», come ha ricordato durante la cerimonia il cardinale Luis Antonio G. Tagle, già arcivescov­o di Manila e oggi prefetto di Propaganda Fide. Il Papa ha poi aggiunto, a braccio: «Tante volte ho detto che qui a Roma le donne filippine sono “contrabban­diere” di fede! Perché dove vanno a lavorare, lavorano, ma seminano la fede».

E non soltanto. «Siamo e ci sentiamo molto amati dagli italiani», ci spiega Charito Basa, fondatrice e anima del Consiglio delle donne filippine, autrice di diversi studi sui migranti, il genere e i problemi dell’integrazio­ne. «Sappiamo anche di essere una risorsa. Eppure in tempi come questi le difficoltà della condizione di migranti si fanno sentire.

Per esempio perché le migliaia di famiglie che, nelle Filippine, dipendono dalle rimesse dei nostri lavoratori e delle nostre lavoratric­i si trovano nella drammatica condizione di non avere risorse locali – i genitori o i figli sono lontani – e nemmeno aiuti sufficient­i dall’estero visto che i filippini sensanitar­ia. za lavoro sono sempre di più». La situazione è grave. Se osservate le immagini che illustrano queste pagine potete avere un’idea dello stato di povertà in cui si trovano tanti giovani nelle baraccopol­i di periferie tanto immense quanto misere: studiare diventa una scommessa che solo la determinaz­ione può far vincere. «Tanti giovani sanno che il loro futuro è all’estero» dice ancora la signora Basa. «Nelle Filippine il governo aiuta in modo straordina­rio chi vuole emigrare. Peccato che non sempre, nonostante gli sforzi, nei Paesi ospiti poi si riesca a trovare un’adeguata capacità di accoglienz­a. Noi per esempio da decenni ci occupiamo dei nostri connaziona­li senza il minimo contributo dello Stato. E, per dire, di fronte a seconde generazion­i di filippini nati e cresciuti in Italia, ci

troviamo il muro di una nazionalit­à offerta con il contagocce, mentre lo ius soli appare sempre più come un miraggio».

I numeri

Ma i filippini – uomini e donne (soprattutt­o le donne) – non sono un popolo che si abbandoni ai lamenti. Non sono un “problema” per il nostro Paese. Al contrario. Lo certifica, nonostante i rigurgiti di xenofobia dai quali nemmeno l’Italia è esente, uno studio del 2014 (Fondazione Leone Moressa, 700 famiglie intervista­te), ancora valido, secondo il quale i filippini sono «grandi lavoratori» (78%) e «onesti» (66%). Dunque? Abbiamo una comunità extraeurop­ea che dimostra di volersi integrare come e più di altre magari più prossime. Abbiamo donne e uomini che si radicano in silenzio nel territorio (soltanto a Roma ci sono 40 parrocchie con funzioni in lingua tagalog), e diventano il perno della vita di quartiere. Eppure nel momento del bisogno sembra che i filippini debbano contare solo su se stessi. Padre Ricky Gente, da 13 anni a Roma, è il cappellano della comunità filippina (sede nella Basilica di Santa Pudenziana), un uomo amato e capace di strappare un sorriso ogni volta che si trova a tu per tu con il Papa: «Il Santo Padre è un grande amico del nostro popolo, conosce la nostra religiosit­à profonda, una religiosit­à che ognuno di noi porta ovunque con sé». E che si trasforma in bene: «Abbiamo distribuit­o da poco 1.300 pacchi alimentari», spiega al telefono. «Ogni domenica riceviamo tutti quelli che hanno un problema medico in un pronto soccorso di fortuna dove prestano la loro opera di volontari due dottori italiani e alcune infermiere filippine». Ma, i problemi veri, apparentem­ente insormonta­bili, sono – in questo tempo di pandemia – rappresent­ati dai tanti lavoratori ancora senza permesso di soggiorno (si stima siano tra gli 80 e i 120 mila): «Non hanno risorse e non possono rientrare nel loro Paese per timore di non avere più la chance di venire in Italia, sono come invisibili ma sono esseri umani come tutti».

Nelle Filippine c’è una città che si chiama Mabini e ha quasi 50 mila abitanti. Ogni famiglia di Mabini ha almeno un componente emigrato in Italia, tanto che nell’arcipelago è conosciuta come «Little Italy». Un legame che promette molto per il futuro. Ma sta anche a noi coglierlo.

 ??  ?? Nhieshalyn Galicia, 8 anni, fa i compiti nella sua casa di Manila, dove tutte le scuole sono
state chiuse per l’emergenza Covid. Nella pagina accanto, Paul McCartney e la moglie Linda in una foto del 1974
Nhieshalyn Galicia, 8 anni, fa i compiti nella sua casa di Manila, dove tutte le scuole sono state chiuse per l’emergenza Covid. Nella pagina accanto, Paul McCartney e la moglie Linda in una foto del 1974
 ??  ??
 ??  ?? Jhay Ar Calma, 10 anni, cerca la connession­e con il suo tablet per seguire le lezioni a distanza a Manila
Jhay Ar Calma, 10 anni, cerca la connession­e con il suo tablet per seguire le lezioni a distanza a Manila
 ??  ?? Lovely Joy De Castro, 11 anni, segue le lezioni con uno smartphone. Vive a Makati City, vicino a Manila
Lovely Joy De Castro, 11 anni, segue le lezioni con uno smartphone. Vive a Makati City, vicino a Manila
 ??  ?? Mark Joseph
Andal, 18 anni, studente di college, si connette con lo smartphone nella foresta di
Mabalanoy
Mark Joseph Andal, 18 anni, studente di college, si connette con lo smartphone nella foresta di Mabalanoy
 ??  ?? Annie Sabino, 16 anni, assiste a una lezione online e fa i compiti vicino al suo cagnolino, a Manila
Annie Sabino, 16 anni, assiste a una lezione online e fa i compiti vicino al suo cagnolino, a Manila

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy