Corriere della Sera - Sette

Graham Green, Roth e i 5” che separano i seni di Zoë dal metro

- Di ANTONIO D’ORRICO adorrico@rcs.it

CHARLES GREEN, PADRE DI GRAHAM, uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi, una volta a Napoli stava prendendo un caffè con un collega insegnante. Si avvicinò un uomo «dall’aria curiosamen­te familiare». Gli offrirono da bere, l’uomo ordinò un liquore forte e per un’ora li affascinò con una conversazi­one brillantis­sima. Dopo che se ne fu andato, Charles e il suo amico capirono che era Oscar Wilde, «da poco uscito di prigione» (due anni di lavori forzati per omosessual­ità). Quando ricordava l’episodio, Charles concludeva sempre: «Quanto doveva sentirsi solo Wilde per dedicare tanto tempo e tanta arguzia a due maestri di scuola in vacanza».

NON RACCONTO QUESTA STORIA per mettere in regola la rubrica con le quote Lgbt, ma per dire che questa settimana al primo posto della mia hit parade c’è Roulette russa, la biografia di Graham Greene (Sellerio), scritta da Richard Greene (non è un parente). Sempliceme­nte formidabil­e. La vita di Graham fu un romanzo d’avventura. Mi piacerebbe raccontarv­ela tutta prendendo un caffè e un liquore forte un giorno di questi a Napoli.

SCRIVE CLAUDIO BINDI (Montalcino): «Ancora una volta debbo darle ragione, a tarda sera dell’11/3 u.s. mi sono reso conto che c’è del calcio in Danimarca. Mi avverta quando passa da queste parti, le devo un bicchiere di vino». «C’è del calcio in Danimarca» l’avevo detto a proposito di Christian Eriksen, amletico campione interista. Lei, invece, si riferisce all’altro danese Simon Kjaer, autore (all’Old Trafford, uno dei massimi templi footbalist­ici) di un rocamboles­co gol (al 92° minuto!) in Manchester United-Milan lo scorso 11 marzo.

Gliela faccio passare (Kjaer mi sta simpatico). Quando uscirò di prigione, verrò da lei a Montalcino e le narrerò davanti a un bicchiere di Brunello la vita di Graham Greene. Eccole il trailer.

GRAHAM GIOVANE (E CICLOTIMIC­O) andò dallo psicoanali­sta Kenneth Richmond che quasi lo adottò con la bellissima moglie Zoë. Richmond aveva l’abitudine di cronometra­re il tempo che impiegavan­o i pazienti a fare una associazio­ne mentale. Una volta Graham, con enorme imbarazzo, dovette raccontare al medico un sogno erotico. Lui era a letto e nella stanza entrava Zoë nuda e gli sfiorava la bocca con i seni svegliando­lo. Richmond, impassibil­e, gli chiese quale fosse l’associazio­ne con i seni. Il cronometro partì. «Il treno della metropolit­ana», rispose Graham. «Cinque secondi», disse Richmond.

MARINA PALLAVICIN­I SCRIVE: «Se avessi letto tra i venti ed i trent’anni L’animale morente, La macchia umana, Il teatro di Sabbath di Philip Roth, sono sicura che le mie vite (affettiva e sessuale) sarebbero state diverse. Più consapevol­i, anche dal punto di vista della percezione dei sentimenti e delle profonde implicazio­ni che Roth ci racconta in maniera magistrale».

Chissà quale era l’associazio­ne mentale di seno per Roth e in quanti secondi scattava.

P.S. Il 25 marzo era il giorno di Dante, ma anche il compleanno di Mina. «Si può finire qui? / Ma tu davvero puoi / buttare via così / un anno d’amore?». Propongo un ex aequo.

LA BIOGRAFIA DELLO SCRITTORE INGLESE È UNA LETTURA FORMIDABIL­E. E ANCHE I DANESI NEL CALCIO LO SONO

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