«DA GIOVANE MI SENTIVO SOLA NELLA MIA RIVOLTA DOMESTICA. PER QUESTO SCRIVO DELLA VERGOGNA E DEL DISAGIO»
La scrittrice e la pubblicazione in Italia de uno dei suoi libri più importanti: «Quando uscì in Francia, nel 1981, fui criticata perché dicevano che non era femminista. Ora lo leggono nelle scuole, mi fa molto piacere»
Annie Ernaux ha una voce da ragazza; la raggiungo al telefono, io tremebonda, lei gentilissima. Non mi aspettavo che ridesse tanto. Invece ride eccome, e ha la risata di chi osserva le cose e si stupisce, ed è felice di quello stupore.
Nei suoi libri lei esplora le emozioni di cui è più difficile parlare, quelle che siamo abituati a tenere segrete. La vergogna, il disagio, il fastidio.
«I miei libri sono tutti attraversati da emozioni che ho vissuto in solitudine. Ed è normale che sia così: tutto quello che ci accade in profondità è sempre qualcosa che ci accade per la prima volta. Questo è molto chiaro, ad esempio, in Memoria di ragazza, che è una storia di vergogna. La vergogna però non esisterebbe, se non fosse per lo sguardo degli altri».
Pensa che siamo costretti alla solitudine, di fronte a queste emozioni?
«Ogni volta che ho vissuto qualcosa, l’ho sentito molto profondamente a livello emotivo: sapevo che altre persone avevano provato la stessa cosa, ma per me era quella, la prima volta. Perciò mi interessa descrivere come io ho vissuto quella particolare rivelazione. Non perché abbia la pretesa che il mio sentire sia più importante: è solo che penso di essere la sola a poter scrivere di quello che mi è successo. So che il mio racconto non coinciderà mai con quello di qualcun altro che pure racconta la stessa emozione, la stessa prima volta: perché sarà la sua, non la mia. Per esempio, La donna gelata racconta la sensazione che avevo, da giovane donna, di essere sola nella mia rivolta domestica. Per me era necessario scriverne. Ma quando è stato pubblicato il libro, nel 1981, in Francia mi hanno criticata: questo libro non è femminista, dicevano».
Ma come? Il romanzo (da poco uscito in italiano per L’Orma, nella traduzione di Lorenzo Flabbi) è una storia di ribellione ai modelli...
«Infatti. Probabilmente, per l’epoca era una storia troppo privata. (Ride) Per me fu un po’ frustrante, allora, oggi invece è una soddisfazione vedere che questo libro è proprio risorto: esce adesso in Italia, ma in Francia, ad esempio, lo si legge a scuola. Mi fa molto piacere».
La terza persona che ha scelto, ad esempio, in Memoria di ragazza, ha un legame con l’impresa di raccontare queste emozioni urticanti?
«È una scelta stilistica, ma non puramente estetica. La ragione profonda sta nella differenza fra la donna che ero quando ho scritto il libro, nel 2015, e la protagonista: la ragazza che ero stata nel 1958. Di fronte a questa differenza mi sono resa conto che non potevo dire “io”: ero obbligata a separarmi dalla ragazza del ’58, a proiettarmela davanti come in un film. Me la sono immaginata proprio così, come se la stessi vedendo vivere; e guardandola cercavo di ricordare. Di ascoltare le parole che avevo detto, le parole che avevo sentito;