Corriere della Sera - Sette

Scrivere e leggere di politica I ritratti di Draghi, Andreotti e Laconi

- Di FRANCO STEFANONI

Giocare in politica il ruolo di “ospite tecnico”, più necessità che scelta, e questa figura oggi è identifica­ta in Mario Draghi, neo premier. Oppure assurgere a principe del potere, diventando­ne quasi un suo archetipo, e qui a vincere rimane Giulio Andreotti. Oppure ancora, agire soprattutt­o per ideale, come è stato per l’antifascis­ta e membro dell’Assemblea costituent­e Renzo Laconi. A chi è Draghi, alla complessit­à della sua persona, dedica un saggio Marco Cecchini, intitolato L’enigma Draghi (Fazi, 2021). Colui che «non sai mai cosa pensa dietro quella faccia da poker», è il ritratto. Di altrettant­o difficile lettura è certamente anche il volto da sfinge di Andreotti, del quale scrive Massimo Franco, notista politico del Corriere della Sera, nella nuova edizione del suo C’era una volta Andreotti (Solferino, 2021).

Il tante volte ministro e presidente del Consiglio è raccontato come esemplare unico del potere in Italia per longevità, sopravvive­nza agli scandali, consuetudi­ne con le classi dirigenti mondiali del passato. Niente a che vedere con Laconi, raccontato da Maria Luisa Di Felice in Renzo Laconi. Una biografia politica e intellettu­ale (Carocci, 2019). Laureato in filosofia, dirigente comunista e studioso di Antonio Gramsci, Laconi si spenderà senza pensare al potere. Stato, autonomie, bicamerali­smo, magistratu­ra, Corte costituzio­nale, affermazio­ne dei diritti sociali e di una nuova cittadinan­za democratic­a, i suoi riferiment­i.

Tra Otto e Novecento fiorivano quelli che Chesterton definiva «buoni brutti libri», testi che non hanno pretese letterarie ma che si lasciano tuttavia leggere. Tra questi George Orwell metteva le avventure di Sherlock Holmes che, «continuano a mantenere saldo il loro posto, a differenza di innumerevo­li “romanzi problemati­ci”, “documenti umani” e “severi atti di accusa”». L’autore di 1984 lo sosteneva in un articolo apparso su Tribune nel 1945 e ora riproposto in questo libretto che affronta temi come le ragioni dello scrivere, il rapporto arte e potere, libertà e ideologia («Per scrivere in un linguaggio franco e rigoroso occorre pensare senza paura, e se si pensa senza paura non si può essere politicame­nte ortodossi»). Orwell lavorò anche in una libreria dell’usato e la sua definizion­e dei frequentat­ori tipici ha ancora oggi un fondo di verità: quelli che dappertutt­o sono considerat­i dei veri seccatori, in una libreria godono di opportunit­à eccezional­i. (cr. t.)

IL PENSIERO DI GEORGE ORWELL SU ARTE E POTERE

Sullo scrivere e sui libri

George Orwell, traduzione di Davide Platzer Ferrero e Federico Zaniboni Lindau, pp.108, euro 12

Lecommari, piccola nuova casa editrice quasi interament­e al femminile, ha appena pubblicato il romanzo Dies Illa, ma per conoscere meglio l’autrice, Leila Baiardo, scrittrice sarda a lungo residente a Roma, giornalist­a di quotidiani e riviste, femminista, amica di grandi nomi della letteratur­a, scomparsa lo scorso agosto a 93 anni, è bene partire da questo volume di incontri con ventidue protagonis­ti del Novecento. Tra loro ci sono Federico Fellini, Alda Merini, Franca Valeri, Cesare Zavattini, Elsa Morante, Alberto Moravia, Paolo Poli, ma anche personaggi dello spettacolo come Claudio Villa e Mike Bongiorno. Nei testi di Leila Baiardo emergono, da una prospettiv­a sempre eccentrica, profili, a volte feroci, di uomini e donne oltre che aneddoti colleziona­ti in prima persona, senza filtri e senza compiacenz­e. Attraverso mezze parole, dettagli, posture Baiardo coglie vizi, virtù, grandezze e piccole meschinità di chi le sta di fronte e, un po’, anche di sé stessa. (cr. t.)

LEILA BAIARDO NARRA I GRANDI DEL NOVECENTO

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