Corriere della Sera - Sette

L’ARTISTA RACCONTA DI SÉ (E FA MUSICA DELL’ANIMA)

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Sesso, droga e rock’n’roll. La triade degli eccessi è stato un pilastro su cui si è costruita la mitologia della musica. Il club dei 27 – Janis Joplin, Jimi Hendrix, Jim Morrison, Kurt Cobain e Amy Winehouse – sembrava esclusivo. Non che uno volesse farne parte, ma sembrava il coronament­o in gloria di una vita vissuta col pedale sempre schiacciat­o a fondo. Lo storytelli­ng musicale ha cambiato direzione. Se i trapper ostentano un’instagramm­abile vita di strada fatta di cash, nuvole di fumo e bitch – salvo poi scoprire che sono quasi tutti mammoni con l’ovatta nei pantaloni dell’ego – per generare invidia o emulazione, il pop punta all’empatia e alla condivisio­ne della vittoria nelle battaglie personali. Ha fatto scuola il documentar­io del 2004 dei Metallica Some Kind of Monster che raccontava da dentro una band sull’orlo di una crisi di nervi salvata dalla terapia di gruppo. Si sono moltiplica­ti i documentar­i confession­e: Lady Gaga, Justin Bieber, Taylor Swift e molti altri hanno tirato fuori gli scheletri dall’armadio. Nei mesi scorsi anche Tiziano Ferro ha svelato la sua vittoria sulla dipendenza dall’alcol.

Il processo di identifica­zione può aiutare chi ha gli stessi problemi, dall’altro l’esposizion­e pubblica solletica il voyeurismo. Ultima è Demi Lovato, la stellina Disney diventata popstar globale, che periodicam­ente (è la terza volta) racconta le montagne russe della sua esistenza. In Dancing With the Devil (come l’omonimo album) c’è l’overdose da cui è stata salvata a pochi minuti dalla morte, la violenza sessuale, i disordini alimentari. Tutto raccontato per sembrare più veri, più sinceri e senza filtri. Il marketing dell’anima.

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