Alla sfida dei noir voto Manzini in Italia Nel mondo? Greene
ALBERTO GUARNIERI SCRIVE: «Ormai i giallisti sono legioni. È tempo che lei li metta in fila. Lucarelli, Carofiglio, Robecchi, Manzini, ecc ecc. La sua classifica?».
Di quelli da lei citati: primo Manzini, secondo Robecchi, molto poi Carofiglio e Lucarelli. Ma il miglior noir fresco di stampa è uno che comincia con una citazione di Montale: «Milano è un enorme conglomerato di eremiti». E prosegue con un nebbione all’antica che fa dire al protagonista, un giornalista 36enne, «alla mia età ritrovarsi la nebbia tra le dita è come rigiocare a flipper, riemergono ricordi sepolti». È questo il clima, non solo atmosferico, del libro. Poi, a pagina 13, sul computer del giornalista compare un’Ansa: morto ammazzato a corso Vercelli con tre colpi di pistola. «Leggo d’un fiato, milanese, sessantasei anni, si chiamava Giovanni Restelli. Cazzo, è mio padre». E dieci pagine dopo un poliziotto «con la sensibilità di un cobra» gli comunica: «In corso Vercelli, una testimone ha visto sua madre sparare i tre colpi di pistola». Il miglior noir fresco di stampa è Una giornata di nebbia a Milano di Enrico Vanzina (HarperCollins), un noir in cui è la letteratura (da Edgar Allan Poe fino ad Andrea G. Pinketts) a dare la soluzione. E in cui la vittima finale (o il colpevole?) è, forse, proprio quel conglomerato di eremiti chiamato Milano. Coincidenze: sì, è lo stesso Vanzina contro cui polemizzava tempo fa Silvia Ballestra, scrittrice e moglie di noirista (Robecchi).
PASSANDO ALLA CLASSIFICA MONDIALE, caro Guarnieri, il noir più bello resta Il terzo uomo di Graham Greene. In Roulette russa (Sellerio), stupenda biografia dello scrittore, si racconta come nacque il noir più bello del mondo. Era una sera di fine settembre del 1947 e Graham Greene passeggiava dopo cena a Piccadilly. Gli venne da fare pipì ed entrò in un bagno pubblico a Brick Street dove ebbe all’improvviso l’illuminazione. Prese una busta e appuntò la frase: «Avevo dato l’ultimo addio a Harry una settimana prima, quando la sua bara scese nella terra gelata di febbraio, e fu dunque con incredulità che lo vidi passare sullo Strand, senza che mostrasse di riconoscermi, tra una folla di estranei». Conoscete uno spunto più promettente (e compromettente) di questo?
CLARA BOTTESELLA: «Non so se leggo la sua rubrica perché mi interessa e mi diverte o per una masochistica voglia di mettere alla prova la mia cultura e/o intelligenza. Trovo che i riferimenti e le citazioni siano a volte per lettori di nicchia che bazzicano l’universo delle arti visive e letterarie. Però quando mi sono chiari i riferimenti, i corsivi, il virgolettato (mi assolvo dal rimando al calcio, lì brancolo nella notte più nera), il mio minuscolo ego ha un sussulto di soddisfazione. Questa mia è solo per dirle come una rubrica possa spesso farti sentire bene».
Che bel complimento. Ricambierei con un cocktail nello stile di Greene. Una volta ne offrì uno al figlio (15enne!) del potente produttore Vincent Korda e si presentò così: «Prendilo. È un martini. Non può farti alcun male. Io sono Graham, comunque».
La classe non è acqua, è martini.
PERÒ IL MIGLIORE TRA QUELLI FRESCHI DI STAMPA È UNA GIORNATA DI NEBBIA A MILANO DI ENRICO VANZINA. EPPURE BALLESTRA...
– la nostra integrità, salvo poi spiegarci che i complimenti non sono un reato. Ma il catcalling non è mai una forma di corteggiamento o un gesto lusinghiero, è un ennesimo atto aggressivo del potere maschile.
Fare un complimento spinto non può incutere paura o ansia, no?
Ma è esattamente quello che accade, e minimizzare significa alimentare una cultura del sopruso del corpo delle donne. E fortunatamente le ragazze di oggi lo sanno bene. È questa la grande rivoluzione: le giovani sono molto più consapevoli dei propri diritti. Sono molto più esposte per via dei social, dunque vengono attaccate più facilmente, ma hanno anche modo di denunciare soprusi che spesso prima venivano taciuti.
È cominciata la nuova era del femminismo? Certamente le cose stanno cambiando