IN PIATTAFORMA MA INVISIBILI
Si chiamano Helpling, Easyfeel, Appjobs, Taskrabbit, Mechanical turk. E ancora Jobby, Rover, Dogbuddy, Jobleads, Freelancer, Twago, Addlance, 99design, Everli… impossibile censirle tutte, superano il centinaio le piattaforme che mettono in contatto chi cerca un lavoro — anche occasionale, anche per poche ore al mese — con chi ha un’attività da offrire. In continuazione ne stanno nascendo di nuove. Il sistema alla fine è simile a quello utilizzato dalle piattaforme che organizzano le consegne dei rider. Con la differenza che i rider sono sotto gli occhi di tutti mentre gli altri lavoratori — e parliamo di migliaia di persone — sono invisibili. Si va dagli addetti alle pulizie agli architetti, da chi consegna la spesa alle famiglie, alle baby sitter. E l’elenco non è finito: elettricisti, giardinieri, cuochi, guide turistiche, personal trainer, progettisti di siti web, imbianchini, idraulici, insegnanti di lingue, correttori di bozze… Ricercate anche persone interessate a micro-jobs online come rispondere a sondaggi d’opinione o moderare chat.
Von der Leyen in campo
La Rete accelera l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, il che di per sé è un vantaggio. Ma nello stesso tempo si moltiplicano le domande a cui bisogna cercare di dare una risposta. Si tratta di lavoratori subordinati o di freelance? Che diritti hanno, malattia e ferie spettano loro oppure no? Se si crea un contenzioso con una piattaforma che si trova all’estero, chi risponde? In quale tribunale? In base a quali priorità “ragionano” gli algoritmi delle piattaforme stesse quando scelgono un