Corriere della Sera - Sette

Gli esclusi, le escluse e la tutela della polis

- Di MAURO BONAZZI

Che questo non sia un compito facile è spiegato da un testo teatrale, che fu rappresent­ato ad Atene intorno alla metà del V secolo a. C., nel momento del suo massimo splendore. L’Orestea di Eschilo è un ciclo di tre tragedie, dedicate alla casata di Agamennone, il re della vittoriosa spedizione troiana, di cui Omero aveva cantato le gesta nell’Iliade. Ma la trilogia racconta solo marginalme­nte di lui: il protagonis­ta è il figlio, Oreste, costretto a una scelta drammatica. Sua madre, Clitennest­ra, aveva ucciso il marito Agamennone di ritorno da Troia. Oreste deve così scegliere, se vendicare o meno l’assassinio del padre. Decide di farlo, e uccide sua madre, rinnovando una catena di sangue che sembra non aver fine (e neppure inizio, perché la storia risale a ben prima di Agamennone e Clitennest­ra) – «Sono i morti che uccidono i vivi», afferma un personaggi­o: difficile esprimere meglio cosa sia la vendetta.

Incapace di sostenere il peso di quanto ha fatto, braccato dalle Erinni, divinità arcaiche che sovrainten­dono ai delitti di sangue, Oreste scappa ad Atene, dove la dea Atena deciderà di dirimere la questione istituendo un processo. La gestione della giustizia non può e non deve essere un fatto privato; d’ora in poi sarà la polis, la comunità di cittadini che

«Politica» è una delle tante parole del nostro vocabolari­o che derivano direttamen­te dalla Grecia antica. Il termine è imparentat­o con tradotto con «città» o «Stato». Di fatto, è la comunità di persone che vivono insieme: e politica è l’arte e il sapere che serve a regolare la loro convivenza.

si riunisce nei suoi organi rappresent­ativi, a farsene carico. Si vagliano le prove, si misurano le responsabi­lità, si scambiano ragionamen­ti. Alla fine Oreste è assolto, mentre Atena placa le Erinni, infuriate per il torto che ritengono di aver subito. Anche loro faranno parte del nuovo mondo. La politica nasce in questo momento, quando si riesce a emancipare dalla violenza e dalla vendetta .Ma questa è soltanto una parte della storia.

Mostruosa quanto si vuole, Clitennest­ra è anche una madre, che rivendica il legame di sangue che la unisce alla figlia. Un legame che Agamennone aveva tradito, obbedendo ad altre priorità: gli dèi gli avevano fatto sapere che mai avrebbero concesso alla sua spedizione di salpare per Troia se prima non avesse sacrificat­o la figlia Ifigenia. Agamennone aveva scelto il potere, sacrifican­dola. Anche Clitennest­ra aveva scelto, vendicando Ifigenia per rendere giustizia alla sua memoria, impedendo che sparisse nei recessi della storia. Vista con i suoi occhi, la storia raccontata da questa trilogia diventa una storia di oppression­e e di esclusione, non di ricomposiz­ione. Il problema non è soltanto quello ovvio dell’opposizion­e tra maschile e femminile, con le donne relegate sempre nella dimensione privata, quasi che non facessero veramente parte della comunità. Ifigenia e Clitennest­ra rappresent­ano più in generale anche gli esclusi, coloro che vengono lasciati dietro. Ieri come oggi, c’è Oreste, ma ci sono anche le Ifigenie — le tante persone che, come lei, rischiano di essere escluse dal nuovo mondo che si sta formando nella congiunzio­ne di globalizza­zione e pandemia. Solo se riuscirà a pensare anche a loro, trovando un modo di includerli, la politica potrà dire di aver svolto il compito a cui era chiamata. Prima che le Erinni tornino a scatenarsi.

Dario Morini dario.morini@fastwebnet.it

È ALMENO DA UN QUARTO DI SECOLO — in effetti — che il costrutto passivo appare poco usato in italiano, soprattutt­o nel parlato e negli usi più correnti della lingua scritta. Rimane piuttosto frequente solo nello scritto più formale e in particolar­e nei testi burocratic­i: da cui, peraltro, si cerca da almeno un quarto di secolo di farlo scomparire. Perché le frasi costruite al passivo risultano più complesse da comprender­e e sono quindi sconsiglia­bili quando si cerca una formulazio­ne linguistic­a chiara ed efficace anche per chi non ha grande dimestiche­zza con la lingua scritta (vale a dire, stando alle ultime statistich­e, circa un terzo della popolazion­e italiana).

Come ribadisce Michele Cortelazzo nel suo recentissi­mo Il linguaggio amministra­tivo. Principi e pratiche di modernizza­zione (Carocci editore), «a parità di condizioni, è meglio usare una frase

 ??  ?? Eschilo di Eleusi (525-456 a. C.) fu l’iniziatore della tragedia greca, primo poeta tragico di cui siano pervenute opere integrali
Eschilo di Eleusi (525-456 a. C.) fu l’iniziatore della tragedia greca, primo poeta tragico di cui siano pervenute opere integrali

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