VULNERABILI, CORAGGIOSI: SIAMO COSÌ NOI VECCHI
Un anno vissuto come «convalescenti», fra paure, solitudini, attese. L’arrivo dei vaccini a domicilio, la normalità che resta sospesa, la scoperta della tecnologia, la fiducia nel futuro. Voci e storie
«Tendono a nasconderci, non ci vogliono vedere perché questa società consumistica non li vuole, i vecchi: intralciano. Pensano tutti che siamo noiosi, lamentosi… che siamo brutti!» mi dice al telefono Lina Agostini, ottantenne che vive sola e ride con gran gusto. Ma non ha nessuna intenzione di sentirsi una vittima: «Io non ci sto a farmi mettere da parte! Anche perché, a dirle il vero, sono molto bella», e ride di nuovo.
Ho deciso di intervistare lei e altre persone più o meno sue coetanee perché mi rendo conto che io stessa sono rimasta a lungo impigliata in un pregiudizio difficile da confessare. La pandemia ci ha costretti a fissare gli occhi su una condizione di vulnerabilità che ci riguarda tutti, in quanto esseri umani, e che troppo a lungo abbiamo cercato di rimuovere o di spostare alla periferia del nostro campo visivo; in questo tentativo di rimozione, è rimasto impigliato ogni discorso sulla vecchiaia. Se ne parla il meno possibile. Certo, gli anziani dovrebbero essere i primi a vaccinarsi, e non senza polemiche; altre polemiche sono scoppiate per i focolai nelle Rsa, per il tweet del presidente della Liguria Giovanni Toti, che li definiva «non indispensabili allo sforzo produttivo»; ma la parola, a chi di anni ne ha 80, 90, l’abbiamo data?
Agostini mi pare la persona giusta da cui cominciare. Autrice, negli anni Sessanta, di un romanzo-scandalo prontamente ritirato dalle librerie, poi una carriera nel giornalismo («conoscevo tutti, ero amica di tutti»), ha pubblicato l’estate scorsa per La Tartaruga un libro d’ispirazione autobiografica, sardonico, tenero e tagliente, che ha voluto intitolare Diario scandaloso di una vecchia. «Quando ho proposto questo titolo mi han