NAMA, IL SUPERBIANCO CHE PIACEREBBE A ERACLITO
Un nuovo superbianco dell’Alto Adige. Porta la firma di Gottfried Pollinger e Harald Schraffl, il direttore e l’enologo di Nals Margreid, una cantina collettiva di 128 vignaioli con 160 ettari di vigneti in 14 zone diverse, sulla sponda destra dell’Adige, da Merano a Magrè. Il nuovo vino sarà in vendita fra pochi giorni. Si chiama Nama, solo 1.500 bottiglie (e qualche magnum). Il prezzo: 120 euro. La tendenza dei superbianchi dolomitici è stata aperta dall’Appius della cantina di San Michele Appiano (prima annata 2010), seguito dal Terlaner I della cantina di Terlano. Con uvaggi di vitigni internazionali, proprio come il Nama che prende a prestito nell’etichetta le lettere iniziali dei due paesi che formano il nome della cantina. Il Nama è un superbianco che interpreta il tempo. Un contemporaneo che sembra seguire l’evoluzione dell’enologia altoatesina, sempre più spinta verso l’alto, in continua mutazione. Riflette la citazione di questo decennio ad alta turbolenza, una frase di Eraclito di 2.500 anni fa: «Niente perdura tranne il cambiamento».
La nascita della cantina di Nals è datata 1764, come si legge nell’iscrizione sul pavimento dell’edificio storico. Nel 1932 ha preso forma l’attuale compagine, grazie a un gruppo di viticoltori. Nel 1985 la fusione con Margreid. Un milione di bottiglie l’anno, vendute in 36 Paesi, con etichette premiate come il Sirmian, un Pinot bianco.
«Volevamo superare noi stessi», racconta Gottfried Pollinger, arrivato 30 anni fa alla Nals Margreid, «volevamo creare un vino diverso da tutti gli altri. Abbiamo subito puntato su un bianco, anche perché solo il 30% delle nostre uve è a bacca rossa. Già nel 2010 sono state selezionate le parcelle migliori, due anni dopo la scelta dei vigneti e dei vignaioli che sono stati coinvolti in questo progetto a lungo termine. Nel 2014 eravamo pronti ma l’annata non era così soddisfacente. Abbiamo aspettato altre due vendemmie: ora siamo pronti con il Nama 2016. Noi facevamo solo vini di monovitigno. Questo è il primo assemblaggio, di ispirazione francese». Le proporzioni di Nama: Chardonnay all’85%, Pinot bianco al 9% e Sauvignon al 6%.
L’annata successiva, 2017, è stata scartata a causa della grandinate. 2018 e 2019 sono in affinamento. Il vino è potente, denso e sapido, profuma di erbe di montagna con una punta di zafferano. Un superbianco che piacerebbe anche a Eraclito.
Il Baffo c’è ancora, ma bisogna proprio andare a cercarlo. La bottiglia è un flacone modaiolo, trasparente anziché maròn, con l’etichetta che le corre tutta intorno a valorizzare il colore scintillante della birra: fa venir sete soltanto a guardarla. La gradazione è bassa (4,3°) e i formati inediti: 30 cl per bar e ristoranti, 55 cl per la grande distribuzione. La nuova incarnazione-rivoluzione della Birra Moretti si chiama “Filtrata a freddo”, come dire che la tecnica per fabbricarla è diventata un manifesto. Nel mondo delle idee il principio inverso della Ichnusa Non Filtrata: la filtrazione a freddo è un sistema assai diffuso, dal whisky al succo di mele, per rendere un liquido limpido. Nella birra, in generale, la torbidezza si deve soprattutto ai lieviti, ai tannini e alle proteine in sospensione: con il freddo si radunano e possono facilmente essere rimossi. La nuova Moretti è una tipica birra estiva adatta ai beach bar e alle serate più calde, facilissima da bere a gran sorsate, basata su malto d’orzo, mais e su due luppoli, uno dei quali responsabile probabilmente della nota finale caratteristica che l’azienda definisce floreale e a me pare più d’arancia, agrumata. Che è poi il tratto della “Filtrata a freddo”: accattivante, godibile ma, per me, anche un tantino troppo presente.
PER LE SERATE ESTIVE LA BIRRA LEGGERA "FILTRATA A FREDDO"