ESPLORARE L’INESPLORABILE: CHI SIAMO VERAMENTE QUANDO L’INDIVIDUO SI DISSOLVE?
Due cavalle galoppano impetuose conducendo un giovane al cospetto della Dea, che gli rivelerà la Verità e le leggi segrete del tutto. Così inizia il poema di Parmenide, il maestro «venerando e terribile» (scrive Platone) della filosofia antica. La corsa delle cavalle, però, non procede verso un fantomatico mondo di luce, nell’alto dei cieli, come spesso si ripete. La discesa è verso il basso, nel buio di una caverna. È la rievocazione di una morte iniziatica, un rituale antico, che affonda le radici nel mondo arcaico degli sciamani nelle steppe dell’Asia centrale. Vivendo ritualmente la propria morte, liberandosi del legame del corpo, si fa esperienza di parti di noi di cui non siamo normalmente consapevoli, scoprendo nuove potenzialità. Per lo sciamano è la possibilità di un viaggio al di fuori di sé, alla scoperta «di quello che è, di quello che è stato e di quello che sarà» – ed è da lì, da questa capacità di affrontare la morte, che deriva la sua autorevolezza. Tradizioni bizzarre, certo. L’idea dell’anima, però, aveva dimostrato Eric Dodds, nasce proprio da queste tradizioni, quando arrivano in Grecia e Italia meridionale, e si sviluppa la convinzione che qualcosa di noi (l’anima, appunto, la coscienza) è indipendente dalle leggi che regolano l’esistenza delle cose naturali.
Troppo spesso si pensa alla filosofia come a un esercizio solo razionale, composto di argomentazioni capaci di spiegare tutto. E invece la bellezza della filosofia nasce proprio dalle sue tensioni, e dalla sua ambizione di esplorare l’inesplorabile. Non a caso, sono stati proprio i filosofi più razionali coloro che più di tutti hanno cercato di avvicinarsi al mistero di ciò che si nasconde dietro alla luce della ragione. Scandito da ragionamenti rigorosi, ben diversi dalle pratiche degli sciamani, anche il viaggio di Parmenide raggiunge una dimensione in cui non c’è più posto per il tempo e la morte sembra essere sconfitta.
Analogamente, è una specie di silenzio mistico che il lettore trova alla fine del Tractatus logico-philosophicus di Ludwig Wittgenstein. Pensatori solo in apparenza aridi, tanto Parmenide quanto Wittgenstein hanno insomma cercato di dare espressione a quel sentimento di sgomento che prende chiunque si sia interrogato sul senso della realtà e della nostra esistenza. «Non come il mondo è il mistico, ma che esso è» (Wittgenstein). Perché siamo qui? Perché la realtà esiste? Non c’è risposta razionale, ma solo – in rari momenti d’illuminazione – il sentimento di un’appartenenza, la sensazione di fare parte di un insieme più grande e meraviglioso e terribile. L’essere, appunto. Qualcosa che non può essere spiegato razionalmente e che cambia radicalmente il nostro modo di pensare a noi stessi. Perché che ne è di noi, ora che i confini dell’individualità sembrano dissolversi? Chi siamo, veramente? O meglio, per citare Franco Battiato, a cui anche questa rubrica vuole tributare il dovuto omaggio: «Chi sono, dove sono, quando sono assente di me?».
il boss condannato per le stragi di Capaci, via d’Amelio e le bombe del ’93 e che da allora è divenuto invisibile. Un vero Stato ha il dovere di dare delle risposte, lo deve a chi è caduto contro la mafia e lo deve a chi crede che questo Paese possa essere diverso».
Ha speranze o è disincantato?
«La nostra è una democrazia che vacilla. E noi giornalisti siamo cani da guardia, ma se continuiamo a essere passivi, crederanno che siamo assenti. Io sono un visionario e credo ancora in questo lavoro».
Massimo Giletti ha 59 anni. Ne aveva 26 quando ha cominciato la sua professione di giornalista a Mixer. Un percorso variegato, lungo più di 30 anni. Minoli quando lo scoprì lo definì «il miglior giovane cronista di strada».
Aveva stoffa. Aspettava anche 12 ore sotto casa di Andreotti. Poi fu il tempo dell’infoteinment, un po’ di attrazione per la leggerezza, per lo show. Ma l’anima è rimasta quella del giornalista. Arriva L’Arena su Rai1: il boom, il successo. Mixa con sapienza politica, attualità, cronaca, spettacolo. Porta argomenti seri nel pranzo della domenica. E il dessert spesso sono argomenti spinosi. Discus