IL DESIGN NON POTRÀ MAI VIVERE DI RENDITA (MILANO LO SAPPIA)
#designinpigiama è stato un piccolo format che ha conosciuto su Twitter, in pieno lockdown, grande successo. Si stava in casa e una riflessione colta sugli oggetti che avevamo o avremmo voluto e un video che ce ne raccontasse la storia sono serviti a scaldare i cuori. Ed era (anche) questo l’obiettivo di Chiara Alessi, il design inciso nel cognome, docente a contratto al Politecnico di Milano. «Mettevo insieme le idee di giorno e registravo i video la sera, dopo che avevo messo a letto i bambini, ma li postavo la mattina, all’ora del caffè».
Tutto qui? «Certo che no. Volevo anche tirar giù il design dal piedistallo museale, avvicinare le persone alla percezione di quanto li riguardi la storia degli oggetti che hanno intorno». E così Alessi ha scelto alcune icone dell’arte industriale del Novecento, dalla Fiat 500 al flacone del Bialcol, e ne ha fatto anche un libro cose, Longanesi). «Il design in Italia è nato quando l’industria ha scommesso sulla qualità dei prodotti e si è incrociata con avanguardie artistiche particolarmente vivaci e una cultura tecnica unica legata alla storia artigianale. Gli architetti che davano forma alle città hanno cominciato a darne di nuove anche alle auto, alle moto, alle bottiglie, alle radio e da lì a un’intera società. Non si può raccontare il Novecento italiano senza passare dalle cose».
Alessi usa il termine «antropologia materiale» per dire che quegli oggetti dalla bellezza unica sono diventati anche racconto sociologico e di costume della società italiana. Una dinamica di comunicazione alto-basso straordinaria. E delle vicissitudini del Salone del Mobile che pensa? «Ho sempre difeso Milano capitale ma non si può vivere di rendita. Un ripensamento dimensionale era maturo e mi spiace sia arrivato obtorto collo. Ogni tanto, sia per i soliti nomi coinvolti che per la solita giostra che gira, l’atteggiamento è un po’ provinciale e per Milano è un evidente paradosso».
Chiara Alessi, 40 anni: il suo
bisnonno fondò la Alessi