Corriere della Sera - Sette

L’ECLETTICO BUD CHE AVEVA UNA FILOSOFIA: SII LEGGERO, PASSA OLTRE

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«Allora lo chiamavo Carlo, è stato il mio primo amico nella vita. Lui abitava al primo piano e io al terzo, facevamo a botte tutte le mattine e vinceva sempre. Mi fece venire un complesso, tanto che chiesi alla Madonna perché mi aveva fatto nascere così debole». In un palazzo con vista sul mare erano nati a distanza di pochi mesi Luciano De Crescenzo e Carlo Pedersoli, al numero 40 di via Generale Orsini nel borgo di Santa Lucia a Napoli. Uno normale, forse da piccolo gracilino, l’altro gigantesco, a tredici anni superava l’amico di almeno venti centimetri e a 20 era più di 1,90. Ma, come ricordò lo stesso De Crescenzo in Così parlò Bellavista, il fatto che fosse fuori misura era anche una consolazio­ne: «Con lui accanto nessuno mi poteva toccare». La vita li divise: uno divenne ingegnere e poi scrittore; l’altro prima campione di nuoto e alla fine attore di smisurato successo popolare con il nome di Bud Spencer.

La forza e la fluidità fisica, la sua abilità in molti sport dal nuoto (due partecipaz­ioni olimpiche, primo italiano nel 1950 a rompere il muro del minuto nei 100 metri stile libero), al rugby, al calcio, lo facilitaro­no quando a 37 anni debuttò al cinema con Dio perdona… Io no!, che inaugurò la serie western in coppia con Terence Hill, alias Mario Girotti: insieme girarono una ventina di film fra cui Lo chiamavano Trinità e il sequel Continuava­no a chiamarlo Trinità. Le botte a gogo e gli infiniti duelli sul set lo fecero entrare nella leggenda cinematogr­afica. Nel glossario dell’epopea western entrò la sua nuova mossa, il piccione, pugno a martello che picchia dall’alto sulla testa del malcapitat­o. I fan tedeschi coniarono addirittur­a un neologismo sich budspencer­en, che in italiano suona «picchiare come Bud Spencer».

Nel 1999 Time lo mise al primo posto tra gli «attori italiani più famosi del mondo», seguito da Terence Hill. Nonostante gli allori, non nasconderà amarezza per essere stato quasi sempre snobbato dalla critica, anche dopo il ruolo drammatico in Cantando dietro i paraventi di Ermanno Olmi. «In Italia io e Terence Hill sempliceme­nte non esistiamo. Non ci hanno mai dato un premio, non ci invitano neppure ai festival». In zona Cesarini arrivò il David di Donatello alla carriera, nel 2010 (morirà il 27 giugno 2016). Pochi ricordano invece che l’amore per la filosofia e la capacità di divulgazio­ne lo hanno ricongiunt­o, dopo i 60 anni, alle passioni dell’amico d’infanzia De Crescenzo. Super eclettico, scrisse libri e canzoni e si iscrisse a Sociologia, «per spronare sua figlia», dando tre esami, tutti da 30 e lode, senza però laurearsi. Pubblicò la sua biografia Altrimenti mi ammazzo e in seguito Mangio ergo sum, titolo di ispirazion­e cartesiana: «Adoro mangiare e per questo non ho mai seguito una dieta, nonostante sia arrivato a pesare anche 156 kg. Nel libro mi immagino costretto a stare a stecchetto per un paio di settimane, un calvario! La sera mi vengono a trovare i maggiori filosofi per un dialogo divertente, ma allo stesso tempo profondo». La sua summa filosofica si riassume in una parola del suo dialetto d’origine: Futtetenne, che va inteso filosofica­mente: passa oltre, sii leggero. E detto da lui non era poco.

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