Corriere della Sera - Sette

«SCUSATE, HO UN COLLEGAMEN­TO» IL DIALOGO IN FAMIGLIA IN OSTAGGIO NEL POST PANDEMIA

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«Scusa, ho un collegamen­to». È diventato il nuovo mantra della incomunica­bilità familiare, prendendo il posto del più antico «Scusa, mi squilla il telefono». È stata una trasformaz­ione subdola, progressiv­a, innescata dal lockdown, ma poi dilagata, insediatas­i nelle nostre case, e destinata a rimanere tra noi. Al punto che oggi la pratichiam­o anche quando non è più necessario, e anche per le relazioni umane. Tra le tante novità introdotte nella nostra vita dalla pandemia, questa può essere tra le più perniciose. Dando pure per scontati tutti i vantaggi che la comunicazi­one a distanza ha portato nel lavoro, nella scuola e nelle amicizie (per i nostri figli è stato a lungo l’unico filo con il resto del mondo), forse ora sarebbe bene ripensarci.

Nelle famiglie, si sa, la cosa più difficile è parlarsi. Amarsi è facile, ma farlo capire, comunicarl­o, coltivare e investire quotidiana­mente il capitale di affetto che tiene insieme i nuclei familiari è molto più complicato. C’è la vita di ogni giorno, ci sono i ragazzi e i loro impegni, c’è il lavoro, le scadenze, la television­e, il sonno, la stanchezza e tutto il resto. Senza contare i/le «bagnanti», come Massimo Gramellini chiama i/le consorti che per sbrigare la posta elettronic­a e le relazioni più o meno clandestin­e sui social si rinchiudon­o in bagno al fine di non essere disturbati e forse sorvegliat­i. Come se non bastasse, a tutto ciò abbiamo aggiunto “il collegamen­to”.

Il carattere subdolo del “collegamen­to” è che ha l’aria di essere “lavoro” anche quando non lo è, anche quando non sarebbe indispensa­bile ma ormai è fissato, e in definitiva ogni volta che si preferisce una relazione sociale a una chiacchier­a familiare. Succedeva anche prima, quando si passavano molte ore in ufficio. Però prima c’erano delle aree off limits, la sera dopo le sette si andava a casa e si cenava insieme, il sabato e la domenica erano dedicati alla famiglia. Adesso invece il “collegamen­to” si intrufola sempre e ovunque, dall’alba alla notte. Sembra una cosa innocente, si può fare da un salotto o dallo studio, senza bisogno di uscire, resto qui con voi, dunque che male c’è?

Forse dovremmo darci una regolata. Forse abbiamo bisogno di una specie di moratoria per salvare ciò che resta della famiglia: fasce orarie in cui sia vietato rispondere su Skype o prendere impegni su Zoom, e gli auricolari banditi. Oltre a stilare decaloghi digitali per i nostri figli (tipo niente cellulare a tavola o prima di andare a letto), dovremmo cominciare a farne qualcuno anche per adulti, per difenderci dalla irruzione senza limiti del mondo esterno nelle nostre vite familiari.

Insomma, se le grandi aziende come Apple e Amazon stanno ripristina­ndo un numero di giorni alla settimana (tre) in cui i lavoratori devono recarsi in sede per non essere disturbati dalla famiglia, penso che anche le famiglie abbiano diritto a una modica quantità di contatto fisico non disturbato dal “collegamen­to”.

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