UNA VITA IPERCONNESSA: PIÙ FELICE O INFELICE?
Erano gli anni in cui la colonna sonora si modulava sull’inconfondibile rantolo del modem 56K tra floppy disk, videocassette e walkman. Quindi quei ragazzi sono cresciuti e si sono adattati ad un mondo iper-tecnologico, fatto di smartphone e app, alleati e allo stesso tempo catene insostituibili sul lavoro, nel tempo libero e negli incontri affettivi. La Generazione 56K è la protagonista della nuova serie Netflix, raccontata (in otto episodi) con un continuo ponte temporale tra gli anni Novanta e i giorni nostri, tra l’infanzia dei protagonisti e la loro vita di oggi. Anni di grandi cambiamenti in cui le relazioni umane, l’amicizia e l’amore, rimangono le uniche, vere costanti, bisogno primario e irrinunciabile di ogni essere umano.
Prodotta da Cattleya e realizzata in collaborazione con The Jackal, Generazione 56K mette al centro della storia Daniel e Matilda, che si conoscono da giovanissimi e s’innamorano da adulti ,e che sono il simbolo di una generazione travolta dall’arrivo di internet alle soglie dell’adolescenza sullo sfondo di una Napoli diversa da quella dello stereotipo di Gomorra, «una Napoli quotidiana e intima, romantica».
«I cellulari sono ormai un’estensione dei nostri corpi», riflette Angelo Spagnoletti, che interpreta Daniel da adulto (a sinistra nella foto, insieme a Gianluca Colucci), «la serie si pone delle domande sulla società in cui viviamo, sulla necessità di non vivere quest’iper-connessione virtuale in maniera passiva e acritica».
REALTÀ & FINZIONE