VENIER, D’URSO, DE FILIPPI LA TRAGEDIA GRECA CI AIUTA A RACCONTARE LA TV
MAURIZIO PANCIROLI SCRIVE: «Mi ha enormemente infastidito il clamore mediatico dato ai problemi odontostomatologici (come se li avesse solo lei) della sig.ra Venier, che mi stava pure simpatica. Le chiedo, da fan di Alessandro Robecchi, se anche a lei è venuto il dubbio che l’alter ego di Flora De Pisis – la regina della Grande Fabbrica della Merda – non sia la D’Urso, come avevo pensato, ma la Venier. P.S. Flora non è all’altezza dei primi di Robecchi. Lasci stare Desnos e vada a riprendersi i fidi Carella & Ghezzi».
PER I NON FREQUENTATORI DI ROBECCHI chiarisco che «la Grande Fabbrica della Merda» è la televisione. Non condivido, caro lettore, il suo dubbio: Flora mi pare più Barbara D’Urso che Mara Venier. Colgo l’occasione per ribadire il mio antico antifazismo (nel senso del presentatore).
SULLE CONDUTTRICI, vestali del focolare (o focolaio?) televisivo, scrive cose fondamentali Marco Salotti. L’eroe del suo ultimo romanzo, L’amore immune (il melangolo), è un professore di “Teoria e tecnica dei media”. E si vergogna perché gli «sembra una stronzata come materia universitaria», anche se gli permette di «decodificare la gestica di Barbara D’Urso o la prossemica lontanante della Palombelli».
Il prof di Salotti si sofferma pure nelle sue lezioni sulla «dicotomia con calzino-senza calzino» degli ospiti di Uomini e Donne e sui «frammenti del discorso amoroso nell’epoca del genderless appeal».
IL FORMAT DI UOMINI E DONNE è lo stesso della tragedia greca, spiega il prof agli allievi del Dams di provincia in cui insegna: «Protagonista (lui in trono), Deuteragonista (lei aspirante), Tritagonista (la rompiballe, o il rompiballe)». C’è anche il coro e perfino la Domina gregis (Maria De Filippi) «che con voce gutturale interviene all’occorrenza dalla skopé (luogo da cui si osserva l’azione)». Gli studenti lo ascoltano e vanno in sollucchero. Ma lui è triste: «Immagino che Aristotele se ne adonti e Nietzsche mi guarda in cagnesco».
CI SONO DUE MODI DI RACCONTARE la televisione nei romanzi. Il primo è definirla «la Grande Fabbrica della Merda», ma lavorarci lo stesso. Il secondo modo è raccontarla alla Salotti scomodando tragedia greca, Domina gregis dalla voce gutturale e skopè. Io preferisco il metodo Salotti: «Non bisogna rendere attuale ciò che è antico, ma rendere passatista ciò che è attuale». E io mi perdo nella prossemica lontanante di Barbara Palombelli.
FINALE STONES. «Leggerla è sempre una grande goduria. Condivido il parallelismo tra Mick Jagger e Patty Pravo. Jagger è patrimonio dell’umanità per tutta la sua carriera musicale e no. Sua affezionata lettrice Maura Dezani, astigiana interista». Più che d’accordo, cara Maura. E, a proposito di patrimoni dell’umanità, la prego di salutarmi, se lo vede, il suo concittadino Paolo Conte.
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