CICERONE O IL VESCOVO? LA RAGIONE O LA FORZA? ALLE RADICI DELLA POLITICA
Dei tanti giganti di cui parla la Bibbia Nimrod è forse il più importante: si pensava addirittura che fosse stato lui a ordinare la costruzione della Torre di Babele, ed è proprio a una torre che Dante lo paragona quando lo incontra in fondo all’Inferno, non lontano da Lucifero («torreggiavan di mezza la persona / gli orribili giganti»). Certo è che, spietato e fortissimo, fu a capo di immensi imperi. Non stupisce perciò che molti autori medievali si interessassero alle sue imprese. Lo ritroviamo ad esempio nelle pagine di Ottone di Frisinga, oggi quasi dimenticato ma che fu comunque vescovo e consigliere imperiale nel XII secolo, e che si propose addirittura di scrivere una storia del mondo.
Come vivevano gli esseri umani, all’inizio dei tempi? Ottone aveva trovato ispirazione in un passo di Cicerone: gli uomini vivevano in uno stato selvatico, nutrendosi solo di cibi crudi, senza religione, leggi e neppure morale, come bestie violente insomma, fino a che qualcuno, un vir magnus et sapiens, un uomo grande e sapiente, con le sue parole li convinse ad abbandonare i boschi e vivere insieme. Così inizia la politica – con la parola, la ragione, l’intelligenza. Ottone non pensava così. A unificare gli uomini, per lui, non fu un buon oratore, capace di parlare bene, bensì il terribile gigante e i suoi discendenti, Belo e Nino, ancora più violenti di lui. Tutta l’Asia, scrive Ottone, fu portata all’ordine e a una vita comune – la politica, appunto – per opera della violenza, della conquista, dell’imposizione.
E se avesse ragione il vescovo medievale, piuttosto che il grande Cicerone?
Lo suggerisce Gianluca Briguglia in Bestiario politico (da poco pubblicato per Harper Collins e ricavato dall’omonimo podcast, uno dei migliori per chi s’interessa di filosofia e pensiero politico). Se fossero davvero la forza e l’imposizione, e non la ragione, – il gesto violento della conquista, insomma, non la parola pacificatrice – a mettere gli uomini insieme, ponendo le basi per una vita associata? In fondo questo insegna la storia biblica di Nimrod: ogni unione «implica una violenza costitutiva, la quale rimane ambiguamente al cuore di ogni vita associata, perché è sempre lì disponibile, pronta a scatenarsi, a diventare distruttiva e costruttiva, come la forza di un gigante invisibile».
Anche Thomas Hobbes sarebbe stato d’accordo: sul frontespizio del suo capolavoro, il Leviatano, compariva un gigante composto di tanti piccoli corpi, che saremmo noi, i cittadini. Siamo noi a dare vita al gigante (lo Stato), che è capace tanto di ordine – la forza che unisce – quanto di disordine – la violenza che distrugge. Quando s’interrogavano sul passato più remoto, questi pensatori stavano insomma indagando quel fondo oscuro e violento che si annida tra le pieghe del vivere sociale: c’è qualcosa di esagerato, eccessivo, dentro di noi, ed è proprio di questo che deve occuparsi la politica. Sono molto meno improbabili di quello che sembrano questi giganti.