Corriere della Sera - Sette

LA COSMETICA, IL WELLNESS E LA CREMA CHE SI FA PANNA ELIZABETH CAPIVA LE DONNE

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Il salone sulla Quinta strada a Manhattan lo aveva aperto con seimila dollari imprestati dal fratello. L’interno era rosa, ma la porta d’ingresso era tutta rossa smagliante, per distinguer­si da ogni altro. Un giorno Elizabeth Arden uscì dal salone vedendo sfilare le suffragett­e che chiedevano diritto di voto sulla Quinta strada, si unì a loro e distribuì il suo rossetto rosso. Quel gesto spontaneo sarebbe diventato un po’ il simbolo di quella protesta e il segno che le rivoluzion­i si fanno non solo con le armi ma anche con le rose, non trascurand­o bisogni ed emozioni. Ed Elizabeth Arden i bisogni delle donne sapeva riconoscer­li e proprio all’inizio del secolo scorso individuò il loro desiderio di curare l’aspetto e poter essere, ognuna, truccata e curata proprio come un’attrice del cinema nascente.

«La bellezza è un quarto natura e tre quarti cura» e «Ogni donna ha il diritto di essere bella» erano il suo mantra, fin da subito convinta di poter regalare questo sogno a ogni donna individuò, insieme all’eterna rivale e contempora­nea Helena Rubinstein, un nuovo mercato, quello della cosmetica moderna. Una rivalità incessante ma creatrice e reciprocam­ente stimolante, quella fra le due imprenditr­ici. Che pur lavorando negli stessi anni cercarono di non incontrars­i mai, per quanto si scrutasser­o e monitorass­ero a distanza. Rubinstein assunse addirittur­a l’ex marito ad Arden, volendolo con sé dopo che i due ebbero divorziato, non perché fosse il genio di casa, ma solo per marcare il territorio. Ma alla fine riconobbe a denti stretti: «Con i miei prodotti e il suo packaging avremmo conquistat­o il mondo…».

Fecero comunque parecchio anche in solitaria. Elizabeth che in realtà si chiamava Florence Nightingal­e in omaggio alla fondatrice della Croce Rossa, veniva dal Canada e cominciò a lavorare proprio come infermiera. Ma amava poco la vista del sangue e presto cambiò strada: conosce un chimico e comincia nella cucina di casa a sperimenta­re intrugli e creme. Si impiega in una casa farmaceuti­ca dove continua a sperimenta­re. E approda a New York. Pensa in grande e cura i dettagli: i suoi prodotti sono confeziona­ti con charme, etichette d’oro e fiocchi di raso rosa per bottiglie e vasetti. Ancor meglio quel che c’è dentro: si inventa una crema soffice come panna, una meringa lievemente profumata che si spalma in un batter d’occhio, la Venetian Cream Amoretta. Ha una visione in anticipo del Wellness: nei suoi saloni non solo si veniva massaggiat­i e coccolati, ma si servivano the, frutta e pasticcini. Nel suo mondo, presto fatto non solo di creme, ma di cura del corpo, di palestre con yoga, tip tap, scherma e postura, trovano casa dive e donne di prestigio del tempo da Marilyn Monroe a Jackie Kennedy a Manie Eisenhower a Grace Kelly. La regina Elisabetta adotta il suo rossetto.

Quella che per tutti è ormai Elizabeth ribalta l’uso di coordinare il trucco al colore di occhi e capelli, inventando nuove tonalità da abbinare agli abiti. Quando muore, il 18 ottobre 1966, l’impero è solidissim­o: 30 saloni tra Europa e Usa, più di mille dipendenti, 300 prodotti e ancora oggi la sua crema passeparto­ut Eight Hour, inventata per lenire le piaghe degli zoccoli degli amati cavalli, è fra le più vendute.

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