Bravo Roosevelt: disonesto speculare in Borsa (ma vietare telefono e telegrafo non servirà)
Se gli Stati Uniti d’America hanno dimostrato sinora la più assoluta incapacità a costituirsi una circolazione monetaria e cartacea sana c forte, se tutta la loro sapienza economica, anche negli ultimi disegni, si è fatta manifesta nell’innestare della carta moneta sterile sovra dei titoli fruttiferi, giova riconoscere che il recente Messaggio del Roosevelt è un grido pieno di dignità e di onore contro le speculazioni immorali, aleatorie, vergognose, le quali costituiscono la macchia della più grande democrazia del mondo.
La massima libertà economica animata da forze d’interessi impetuosi, primordiali come quelle della natura, ha svolto la ricchezza in modo mirabile e colossale, ma anche in ogni forma d’affari ha esplicato i giuochi più sfrenati e vituperevoli. Il Presidente Roosevelt si domanda se questi mali siano gli inevitabili compagni di tanta potenza economica c con ragione non si rassegna a crederlo; sarebbe la vittoria del socialismo o di qualsiasi altra dottrina dissolvitrice dell’ordine sociale se fossero inevitabili cotali macchie nel corso dell’evoluzione economica, e il Presidente ha ragione quando assomiglia i giuochi di Borsa in uso negli Stati Uniti ai giuochi di azzardo, alle alee del lotto e li giudica ugualmente perniciosi alle umane società. Ma se la critica è potente, la ricerca dei rimedi è ancora immatura. II Presidente invoca l’esempio della legislazione sulle Borse della
Germania, che ora gli stessi tedeschi desiderano temperare ed è più splendido che pratico quando vorrebbe rifiutare ai giuochi di Borsa l’uso del telegrafo e del telefono, come negli Stati Uniti si rifiuta alle lotterie. La verità è che nessun paese più degli Stati Uniti ha così ignobilmente peccato nelle speculazioni di Borsa; dall’eccesso del male è uscita ora la pena del discredito, il quale rappresenta una forma di sanzione penale spontanea di fronte all’impotenza di provvedimenti più efficaci e di istituti risanatori.
Ed è doloroso che il Presidente, il quale ha così limpido il senso morale e così poderosa la parola per significarlo, non si avveda che un ordinamento tanto vizioso delle Banche di emissione contribuisce ad alimentare o ad accrescere quei giuochi iniqui di Borsa, i quali, come ebbi occasione di dichiarare in questo stesso giornale, non impegnano né il lavoro, né il capitale, ma l’onore che non si ha. Le leggi penali sugli affari di Borsa, le definizioni sulle operazioni lecite e illecite, le vigilanze più assidue dello Stato sono meno idonee di un retto ordinamento bancario a risanare il mondo degli affari. Se il Roosevelt così forte e popolare potesse riuscire a fondare negli Stati Uniti una Banca di emissione sullo stesso tipo di quelle delle principali d’Europa, gioverebbe meglio che colle sue encicliche finanziarie a purificare l’ambiente degli affari!
Il Presidente oltre che contro gli affari di Borsa è inesorabile contro i trusts peccaminosi e contro le corruzioni commerciali, le quali non si sorreggono che sulle corruzioni politiche, che a vi