MIA MADRE, MIA FIGLIA E IO TRE PERSONE INDIPENDENTI MA SOLO IN TRE DAVVERO FELICI
Ricordo certe sere dei primi mesi: mi aggiravo disorientata per il salotto con lei in braccio, neonata, che piangeva e non voleva più il seno, il pannolino era pulito, e non capivo il perché del suo pianto, non lo decifravo, con mio marito che intanto la prendeva in braccio a sua volta, la cullava, e non lo sapeva nemmeno lui. Ci chiedevamo: come si fa? Come facciamo?
Nessuno te lo dice prima, l’impatto reale di questa rivoluzione. Che è assai più complessa e affascinante della favoletta con cui la genitorialità continua a venire raccontata. Altro che idillio: è una tempesta, con squarci di luce meravigliosi e tuoni. Ho dovuto lottare su tutti i fronti: per continuare a lavorare, per cenare fuori con mio marito, per uscire con le amiche. Soprattutto, ho dovuto combattere con me stessa, affrontando a viso scoperto le fragilità che tenevo ben sepolte nei miei scantinati.
Mia figlia mi ha obbligata a dire addio alle ultime vanità adolescenziali, a racimolare coraggio per farmi punto di riferimento, io che ne ho sempre cercati. C’è un prima e un dopo, con l’arrivo di un figlio: quando torni a casa dall’ospedale, le stanze sono le stesse, eppure sono cambiate. Cambiano la veglia e il sonno, le priorità, il tempo libero, i rapporti con amici e parenti, il modo in cui leggi le notizie sui quotidiani. Compi un balzo netto, radicale, da un pianeta all’altro. Solo tu resti tu, con il tuo carico di storia irrisolta, alle prese con la storia di un altro che è appena cominciata. E non sei pronto, non sei all’altezza: sarebbe impossibile. È un salto da mille metri con atterraggio dove non sai.
Sono cresciuta con una parola-amuleto: «indipendenza». L’ho ricevuta da mia madre come monito fondamentale e la sto trasmettendo a mia figlia. Però mia madre, anche adesso che ho 37 anni, se sa che ho un problema non dorme la notte. E anche la mia felicità adesso ha una condizione: la salute, il benessere, la serenità di mia figlia. Nessun evento gioioso che mi riguardi, nessun traguardo o soddisfazione può rendermi felice se lei non lo è. E sarà così per sempre.
Tra tutte le novità che mi hanno travolta, a sei anni di distanza dalla sua nascita, questa ancora mi meraviglia: siamo tre persone distinte – mia madre, mia figlia e io – che non si appartengono, tre libertà in atto, ognuna con la propria strada, le proprie idee, la propria disubbidienza. Ma la nostra felicità dipende dalla felicità dell’altra. E questo, forse, è il pegno più difficile e commovente dell’amore.