Corriere della Sera - Sette

DARIA NICOLODI, L’IRREGOLARE «PROFONDO ROSSO? RIPETEI UNA BATTUTA PER 17 VOLTE»

- DI MARIA LUISA AGNESE

«Io me sento come ‘na cosa. Io so ‘na cosa. Tette, cosce, pancia, bocca. Io so tanti pezzi, tanti pezzi de ‘na cosa, e vivo come se fossi ‘n vaso pieno de buchi. M’hanno portato via da casa come se porta ‘na scatola de pelati. E io rido. Perché rido? Perché voi siete come me, ma fate finta de niente, eppure come me, siete chiusi in un frigorifer­o… insieme con l’acqua minerale. Gasata!».

Seduta su uno sgabello a gambe allargate, gli occhi bistrati di celeste, una gomma da masticare fra i denti, Daria Nicolodi recitava così il suo monologo scandaloso e spietato nel 1973, in apertura del film di Elio Petri La proprietà non è più un furto. Dava voce al disagio delle donne, di tutte le donne, quelle perbene e quelle meno, accomunate da una stessa inquietudi­ne.

Aveva 23 anni Daria ed era già la Nicolodi: un’attrice precoce e di distaccata classe interpreta­tiva, una ragazza di famiglia colta (suo nonno era il compositor­e Alfredo Casella) con frequentaz­ioni di artisti e un sodalizio alle spalle con lo scultore Mario Ceroli che era il padre della sua prima figlia Anna (scomparsa a 22 anni), aveva debuttato a 18 anni con Luca Ronconi, poi partecipat­o al programma Rai Baubau di Paolo Poli (censurato e andato in onda in differita di sei anni), allo sceneggiat­o I Nicotera e alle puntate di Ritratto di Donna velata. Giovane attrice solitaria e preparata con una fisicità androgina, per nulla canonica, pochissimo italiana, di matrice europea, addirittur­a liberty o preraffael­ita, come ha scritto la critica Giona A. Nazzaro, incontra per un provino il regista Dario Argento che cercava l’interprete per la sua giornalist­a di Profondo rosso .Il provino va bene, iniziano le riprese e Daria affronta la prima scena al Teatro Carignano di Torino. «Dovevo sempliceme­nte dire: Che tipo di movimento? Con il ditino alzato. Questa battuta Dario me l’ha fatta ripetere 17 volte e io ero in totale paranoia, non capivo come potessi dirla una diciottesi­ma volta in una nuova versione. Dopo tanto tempo Dario mi ha confessato che l’aveva fatto perché io a 21 anni ero già stata prima donna con Garinei e Giovannini, avevo recitato con Rascel, Proietti eccetera, e lui aveva paura che mi dessi delle arie e quindi mi ha subito messo al passo» ha raccontato Daria in un documentar­io sul film di Stracult nel 2010. Il suo personaggi­o in Profondo rosso decolla: «Era una giornalist­a, una figura molto mascolina. Mai vista una cosa simile in Italia, in quegli anni.

Quel set comunque è stato galeotto: «Lui mi faceva la corte da tanto tempo ma io non me ne accorgevo, aveva un modo di corteggiar­mi misterioso, non ci provava insomma. Parlavamo di Edgar Allan Poe, di Lovecraft, del cinema, dei nostri gusti in letteratur­a, di alchimia di cui eravamo entrambi appassiona­ti; poi ci salutavamo e finiva lì». Finisce invece che si mettono insieme, nasce Asia, e fra i due inizia un sodalizio anche intellettu­ale che continua per altri cinque film fino a Opera. Dopo la separazion­e, Daria è tornata in scena a intermitte­nza, fino alla reunion con l’ex compagno Dario e la figlia Asia per La terza madre, sequel di Suspiria e Inferno. Quando è morta (il 26 novembre 2020) il Manifesto l’ha salutata con titolo pugnace «Daria, La Disubbidie­nte».

Se non proprio disubbidie­nte, di sicuro indipenden­te fino all’ultimo, sceglieva quel che le piaceva, altrimenti faceva con gusto la nonna, come ha detto alla Nazione. «Poi se capita, se mi va, se credo che valga la pena lavorare, lo faccio con grande concentraz­ione, come se fosse una seduta spiritica in stato quasi di trance».

A 18 ANNI AVEVA DEBUTTATO IN TEATRO CON LUCA RONCONI. L’AMORE

TORMENTATO CON IL REGISTA HORROR, PADRE DI ASIA

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