Corriere della Sera - Sette

COSA C’È NELLO SCRIGNO? NON STANNO TRA LE COSE

LE GIOIE DELLA VITA

- DI MAURO BONAZZI (Filosofia della gioia,

Il giovane gentiluomo Bassanio desidera la mano della bella Porzia, racconta Shakespear­e nel Mercante di Venezia. Non è semplice, però, perché prima deve trovare in quale dei tre scrigni si trova il ritratto della ragazza. Così ha voluto il padre, per assicurars­i che la figlia sarebbe andata in sposa alla persona giusta. Nella commedia, i tre scrigni sono associati a tre metalli (oro, argento, piombo) e sono presentati secondo un ordine da cui è facile intuire quale sia quello giusto. Proviamo a rimescolar­li, allora. Su uno scrigno si trova la scritta «Chi sceglie me, otterrà ciò che desiderano molti»; su un altro «Chi sceglie me, deve rischiare tutto quello che ha». Sull’altro ancora, infine, la frase è «Chi sceglie me, avrà quanto si merita». Quale scrigno conviene aprire per trovare il ritratto tanto agognato? Non è facile, o forse sì – tu, caro lettore, cosa sceglieres­ti? Bassanio opta per il secondo scrigno nella nostra sequenza, che in Shakespear­e era l’ultimo, ed era quello di piombo. Fa bene, perché lì è la spiegazion­e di cosa sia un amore autentico, donare e donarsi. È una piccola differenza, ma decisiva: negli altri due scrigni l’accento cadeva sul ricevere. Niente di più sbagliato, perché l’amore non segue la logica mercantile dello scambio: non può essere ridotto al possesso di un oggetto, come se l’altro, l’amato o l’amata, fosse soltanto qualcosa che può e deve diventare mio. Una simile idea è l’anticamera della volontà di possesso e della violenza, da parte di chi ha paura di perdere qualcosa che considera cosa sua. L’amore è tutt’altro, è il dono della propria incomplete­zza e mancanza, nella speranza di compiere un cammino insieme. Dare all’altro ciò che non si ha: ecco una possibile definizion­e dell’amore, secondo Jacques Lacan. In effetti chi lo riceve non è per questo più ricco di chi lo offre, anzi. Ne sapeva di cose, il padre di Porzia.

Vale nell’amore e vale nella vita, osserva Isabella Guanzini nel suo ultimo libro pubblicato per i tipi di Ponte alle Grazie). Perché in fondo una vita vera, una vita che merita di essere vissuta, non è una vita che si trincera dietro al possesso di beni e ricchezze che dovrebbero renderla piacevole e non fanno altro che inaridirla. La ricerca, anche legittima, di una sicurezza che ci metta al riparo dalle incertezze del mondo rischia di congelare tutto in una ripetitivi­tà stanca e priva di prospettiv­e.

È come se sulle nostre vite si fosse posato lo sguardo di Medusa, che pietrifica tutto e tutti. Ma è proprio il contrario ciò di cui abbiamo bisogno: a dare valore a una vita, questo evento unico e irripetibi­le, è la capacità di donare, di fare, di lasciare dietro di noi qualcosa. Creare movimento, ecco la sfida – costruire relazioni, non accumulare cose. E lì è il segreto della gioia, questa passione tanto inattuale quanto importante, che è questa possibilit­à incessante di creazione e di novità, la presa d’atto che non siamo incatenati a nessun destino da sempre e per sempre.

«CHI SCEGLIE ME DEVE RISCHIARE TUTTO QUELLO CHE HA» QUI C’È L’AMORE AUTENTICO: MOVIMENTO NON ACCUMULO

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a Cremona, insegna Teologia fondamenta­le all’Università di
Linz (KU Linz). Il suo ultimo libro è Filosofia della gioia, Ponte alle Grazie
La filosofa Isabella Guanzini, nata a Cremona, insegna Teologia fondamenta­le all’Università di Linz (KU Linz). Il suo ultimo libro è Filosofia della gioia, Ponte alle Grazie
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